Il terzo racconto d'agosto:
<Amore in breve>/3

La ragazza lanciò un urlo e fuggì
Rufino si gettò all'inseguimento

Gli istanti successivi furono confusi e convulsi.
Non sarà pertanto facile ricostruirli, a meno di far ricorso al più assoluto rigore scientifico. Lo stesso rigore al quale si appellano gli investigatori di fronte alla scena del delitto, quando il granduca viene trovato con uno spiedo infilato tra le scapole o la Volpe del Jet-Set ha appena tagliato la corda con i gioielli della contessa.
Procediamo dunque con l’individuare i punti di vista della scena.
Il primo, che potremmo chiamare Punto di Vista A, è quello di Rufino.
Il secondo, che potremmo anche battezzare Ambrogio ma forse sarebbe più logico chiamare Punto di Vista B, è quello della ragazza.

 Punto di Vista A

Compiuta su se stesso una rotazione di centottanta gradi, Rufino vide comparire la ragazza nella sua visuale.
Era di statura media e piuttosto sottile. Un caschetto di capelli biondi incorniciava il suo volto fresco, illuminato da grandi occhi azzurri.
Rufino notò i predetti occhi allargarsi in un’espressione di allarmato stupore. Quindi la ragazza tornò verso la porta emettendo uno strillo che, all’ingrosso, si potrebbe riprodurre con "Eeeeeek!", poi si girò e, di corsa, guadagnò l’uscita.
Rufino, dal canto suo, mosse qualche passo incerto pronunciando con voce stentorea le parole «Ferma! Ferma!».

 Punto di Vista B

La ragazza, appena entrata nella sala, si trovò di fronte a un uomo voltato di schiena, impegnato ad accanirsi contro un qualcosa posato su un tavolo. Che cosa, la ragazza non avrebbe saputo dire, perché la schiena dell’uomo le bloccava la vista.
L’uomo si voltò e la ragazza notò che nel suo sguardo c’era un qualcosa di avido e animalesco, una brama inconfessabile. Notò anche il coltello imbrattato di sangue che stringeva in pugno. Nella mente della ragazza si formò rapida l’equazione "coltello insanguinato uguale assassinio".
Emise dunque un doveroso strillo - sempre richiesto in queste circostanze - girò i tacchi e si diede alla fuga.
Udì l’uomo alle sue spalle gridare «Ferma! Ferma» ma ben sapeva come non sia il caso di prendere ordini da bruti che se ne vanno in giro brandendo coltelli insanguinati e si dileguò il più in fretta possibile.

Esaurita la ricostruzione poliziesca, torniamo nei panni di Rufino Nosvelli.
Il giovane, dimentico della torta ai lamponi, si lanciò all’inseguimento, deciso a non farsi sfuggire l’unica persona che avesse risposto al suo ardente, per quanto laconico, appello giornalistico.
Vide la chioma bionda della ragazza voltare l’angolo di via alle Porte per inoltrarsi nel viale alle Finestre e, come un segugio ben addestrato, si mise alle sue calcagna.
Per qualche ragione che gli sfuggiva, la ragazza procedeva di gran carriera voltandosi di tanto in tanto con occhiate allarmate.
«E’ in pericolo», pensò il nostro eroe. «Ha bisogno di assistenza».
La ragazza, nel frattempo, aveva raggiunto un parcheggio di auto pubbliche che brillava, come accade spesso a questi luoghi, per l’assoluta assenza di auto pubbliche: ebbe un gesto di stizza e si infilò in un vicolo poco illuminato.
«Errore», rifletté Rufino. «Quando si è in pericolo meglio restare in luoghi illuminati e di frequente passaggio».
Sempre più convinto che la ragazza avesse bisogno di aiuto, si inoltrò nel medesimo vicolo, giusto in tempo per vedere un’ombra bionda infilarsi in un portone.
A passo svelto, Rufino raggiunse il portone e, senza esitare, lo oltrepassò.
Si trovava ora in un cortile ai cui lati correva, per quanto poteva scorgere nell’oscurità, una sorta di chiostro.
«Venga fuori, signorina. Non abbia paura».
Neppure un sospiro rispose all’appello.
«Avanti, signorina. So bene che è qui. L’ho inseguita per tutta la strada, fin dalla sala civica».
Nessuna risposta.
«Signorina, per favore. Venga fuori. Altrimenti verrò a cercarla...»
Appena pronunciate queste parole, Rufino avvertì un sospiro, poi una leggera brezza sul volto e, infine, con la coda dell’occhio, scorse un movimento furtivo.
«Signorina!»
Troppo tardi. La figurina svelta della ragazza era inquadrata nella luce del portone.
Si lanciò per raggiungerla ma i battenti si chiusero di colpo intrappolandolo nel cortile: la ragazza era fuggita bloccandogli la strada.
«Che cosa le avrà preso?», si domandò.
Poi, come emergendo da un sogno, incominciò a esaminare la situazione e, per prima cosa, notò il coltello che ancora stringeva.
«E’ crema di lamponi!», esclamò improvvisamente conscio dell’equivoco. «E’ solo crema di lamponi!»
Rufino singhiozzava come se non ci fosse un domani: quella ragazza lo credeva un assassino mentre lui, ormai gli era del tutto chiaro, se ne era perdutamente innamorato.

Mario Schiani
(3 - continua)

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