Lucio Battisti e Mogol a Como
Pier Luigi Ratti e la moglie testavano le hit

"Una bella amicizia, venivano spesso a casa nostra, ci facevano ascoltare la canzoni per scaramanzia"

Non ne parlano volentieri, per pudore. E rispetto di un’amicizia privatissima, rimasta sempre lontana da ogni clamore. In pochi a Como conoscono l’eccezionale rapporto che ha legato Pier Luigi Ratti e la moglie Elena alla coppia musicale Battisti-Mogol. A svelarlo nel libro-intervista Mi ritorna in mente Lucio, Alberti Editore, di prossima pubblicazione, è lo stesso paroliere di Battisti.
Alla domanda: «È vero che le canzoni appena composte le facevate ascoltare per primo a un amico giardiniere?» Mogol risponde: «Un caro amico, Pier Luigi Ratti, un architetto giardiniere. Ha un’impresa grande: vivai, giardini, fa anche addobbi floreali. Fa i più importanti matrimoni del mondo. Una volta ha lavorato per il Presidente degli Stati Uniti. Spesso andavamo a cena da lui e da sua moglie Elena, e gli facevamo ascoltare la canzone appena scritta».
Queste parole hanno convinto il noto floricoltore lariano ad aprire il cassetto, finora segreto, dei ricordi.
Come vi siete conosciuti?
Ho incontrato Mogol nel ’69, si era messo a coltivare orchidee in Brianza con un altro famoso compositore, Mario Panzeri, e cercava consigli da uno del mestiere.
Poi siete diventati amici.
Prima soci, con mio fratello Alfredo siamo entrati nell’attività. Dal contatto di lavoro è nata una simpatia reciproca, che dura tuttora.
Quando ha incontrato per la prima volta Battisti?
Subito dopo, vennero insieme nelle vecchie serre di via Borgovico a farci ascoltare Fiori di rosa, fiori di pesco, appena pubblicata. Fu facile per noi pronosticare "sarà un successo". Da allora, per scaramanzia, divenne un’abitudine farci ascoltare le loro canzoni prima di inciderle".
Vi permettevate qualche critica?
Eravamo semplici spettatori, sempre meravigliati dalla facilità in cui nascevano musica e versi.
Ce lo spiega?
Lucio suonava la chitarra inventandosi delle parole inesistenti in inglese, Giulio ascoltava e scriveva di getto su dei foglietti, con una facilità sorprendente. Vederli lavorare era un piacere, una delle cose più belle che mi siano capitate nella vita.
Non trovava strano che vi coinvolgessero nella loro arte?
Era una specie di test, molto improvvisato e casalingo. Ci divertivamo tutti.
Mogol rivela nel libro di aver dedicato una canzone a sua moglie.
Verissimo, una sera in dieci minuti ha scritto Elena, no, pubblicata da Ricordi nel ’72.
Il ritratto di quella che l’autore nel libro definisce "una donna di polso" mentre per lei ha usato l’aggettivo "molto dolce".
Giulio ci ha inquadrato perfettamente: io lascio più andare, lei per fortuna mette i paletti, anche con i figli.
Durante le vostre serate, Battisti ha mai fatto qualche capriccio da divo?
Era una persona molto schiva e semplice, non faceva certo pesare il suo successo. Un genio che viveva solo per la sua musica, il resto gli interessava ben poco.
Una personalità ben diversa da Mogol, più protagonista anche a livello mondano. Frequentandolo avrete conosciuto un sacco di altri personaggi famosi.
Molti, ma non ne voglio parlare. Ripeto: la nostra amicizia è stata qualcosa di personale, di cui non ho mai voluto parlare. Non l’avrei fatto nemmeno adesso, se non fossi stato tirato in ballo.
Per quanto tempo vi siete frequentati così assiduamente?
Una decina d’anni, abbiamo perso di vista Battisti quando la coppia si è sciolta.
Le sarà rimasta qualche foto come ricordo.
Anche se l’avessi, non la tirerei fuori per tutto l’oro del mondo.
Serena Brivio


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