Nella mostra di Matilde
il capitello comasco dei leoni

Risale al 1106-11108 ed è stato prestato dai Musei Civici alla sede di Reggio Emilia della grande esposizione d'autunno

Un’opera comasca è esposta tra gli oggetti della mostra di Reggio Emilia Matilde e il tesoro dei Canossa tra castelli, monasteri e città (fino all’11 gennaio 2009). Si tratta di un capitello, pubblicato da Oleg Zastrow nel 1978 e da Letizia Casati nel 2001, che lo data tra 1106 e 1118, prima della guerra decennale tra Como e Milano. Conservato nella Raccolte Civiche di Palazzo Volpi, è esposto nella sala dedicata alle principali sculture del Romanico comasco proprio al centro, vicino al capitello dei Re Magi: questi due oggetti si staccano stilisticamente dagli altri manufatti comaschi, quello dei Magi deriverebbe infatti dalla scuola di Wiligelmo, il maggior scultore del duomo di Modena. Tra loro i due capitelli sono vicini per dimensioni, hanno in comune anche l’impiego di piccole sfere di piombo negli occhi di personaggi e animali, e sollecitano confronti con opere emiliane. Nei Musei comaschi dal 1897, la provenienza del capitello coi leoni non è attestata, ma l’ipotesi più plausibile è che appartenesse a qualche edificio comasco demolito, come è avvenuto per numerosi altri pezzi. Pertanto i richiami con l’arte emiliana indicherebbero la diffusione di una tipologia e di caratteri stilistici più sensibili al dato naturalistico della maggioranza delle sculture comasche di quella fase culturale. L’oggetto più prossimo al nostro capitello è un capitello in arenaria di Canossa, del Museo Naborre Campanini, datato 1110-1115, con le figure degli animali meglio pronunciate e disposte analogamente: su ogni faccia due leoni in posizione araldica si affrontano volgendo indietro la testa che va a combinarsi con la testa del leone sulla faccia contigua. Risultato: guardando di spigolo il capitello appare un solo muso, frontale, per due corpi, così come nel pulpito di S. Ambrogio a Milano. Il capitello di Canossa ha tratti meno sensibili di quello comasco e viene infatti stilisticamente avvicinato piuttosto ai capitelli del San Fedele di Como.

Alberto Rovi

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