Parolario, gli incontri del 27 agosto
Isabella Bossi Fedrigotti e il suo "Primo figlio"

La scrittrice ospite del festival letterario a Como in piazza Cavour, introdotta da Fulvio Panzeri

Giornalista, scrittrice, osservatrice acuta. Ma soprattutto una donna che ama raccontare le altre donne. Isabella Bossi Fedrigotti ha dentro di sé lo spirito dei grandi autori: nella narrazione, sua grande passione, ogni sua creatura letteraria diventa spunto di dialogo e riflessione.
L’ultima, in ordine cronologico, è Il primo figlio il romanzo pubblicato a inizio estate presentato il 27 agosto alle 18.30 in piazza Cavour (tutto il programma del festival su www.parolario.it): un libro ambientato nel periodo compreso tra i primi anni del Novecento e il secondo Dopoguerra che, attraverso le vicende di tre donne di estrazione sociale ed età diverse, indaga l’animo femminile con garbo e curiosità. Durante l’incontro, dal titolo Il primo figlio, un secolo, tre destini, l’autrice dialoga con Fulvio Panzeri.
Come mai questo viaggio nell’universo femminile?
Semplice, credo di conoscere meglio le donne degli uomini. Anche i miei precedenti romanzi, non a caso, sono incentrati su figure femminili. Per me il pianeta maschile resta un mistero, anche se sono stata sposata per tanti anni, prima di rimanere vedova, anche se ho due figli maschi. Narrare di donne mi riesce più naturale.
Il romanzo è ambientato nel passato, ma le figure sembrano attuali.
Il passato è parte dell’appeal della narrazione, ma le tre protagoniste sono in tutto e per tutto donne di oggi. Nulla le lega a un periodo storico particolare. Tra l’altro, sono personaggi molto diversi tra loro, accomunati dall’esperienza della privazione d’amore. Questo aspetto le rende più che mai donne di ogni tempo.
Il desiderio di avere figli e la crisi degli affetti sono temi universali.
Sì, direi che oggi la privazione dell’affetto è un aspetto purtroppo diffuso. E non riguarda solo le donne, ma anche gli uomini.
Il libro può servire anche come riflessione per l’universo maschile?
Certamente. So per esperienza che gli uomini comprano più facilmente libri di saggistica. Ma parecchi miei amici che hanno letto Il primo figlio ne hanno tratto numerosi spunti di riflessione sull’esistenza.
Un romanzo faticoso da scrivere?
Molto. Rispetto ai miei libri precedenti, ha richiesto più tempo, quasi cinque anni: per più motivi. Considerata la trama, volevo cambiare il mio stile di scrittura, rendendolo meno ingombrante possibile: mi sono soffermata parecchio su alcune parti, cosa che abitualmente non faccio mai. In corsa ho anche cambiato alcuni aspetti importanti: all’inizio, ad esempio, avevo in mente una sola donna protagonista. Uno sforzo davvero notevole.
Lei cura da tempo una rubrica di posta sul Corriere della Sera. Questo dialogo con gli italiani le ha fornito spunti?
Indubbiamente. Sono storie che entrano nell’anima, parte ormai della mia vita. Un flusso continuo: le leggo ogni giorno. Inevitabilmente influiscono e non di poco sui miei libri.
I suoi prossimi progetti?
Ho in mente un altro romanzo. Una storia diversa, ma altrettanto complessa, incentrata su una famiglia sconquassata dal fenomeno dell’immigrazione.
Molto spesso si parla della disaffezione degli italiani alla lettura. Eppure la narrativa mostra tutta la sua vitalità, con la nascita di una nuova generazione di scrittori e manifestazioni come Parolario. E’ fiduciosa per il futuro?
Sì. Devo dire che la crisi economica che stiamo vivendo non aiuta. Ma so per certo che l’Italia è al sesto posto nella classifica dei libri acquistati. Nel nostro Paese ci sono tanti non lettori, ma c’è anche una cerchia ristretta di lettori furibondi. In questo le manifestazioni culturali hanno grande importanza: rivolgendosi ai giovani, aiutano ad allargare questa nicchia.
Marco Castelli


-------

Un uomo, una donna, una notte: il racconto di una vita. Ovvero, l’ultimo romanzo di Raul Montanari, uno degli scrittori lombardi oggi più interessanti in Italia, che, nelle sue storie, alterna le ambientazioni milanesi, raccontandoci le nevrosi di una città tra realtà e visionarietà, legate al mondo di provincia un po’ malinconico e misterioso che ruota intorno al lago d’Iseo.
Montanari è riconosciuto come uno degli autori più significativi del noir italiano, anche se le sue trame non sono classificabili come gialli, ma hanno a che fare con il tema di un’indagine esistenziale che va a scovare i nostri fantasmi interiori. Il suo ultimo romanzo La prima notte (Baldini Castoldi Dalai), come detto, non è un noir in senso classico. Costruito in diciannove capitoli, la maggior parte di essi racconta di una ragazza e di un uomo che trascorrono la loro prima notte insieme. Si amano, mangiano, dormono, si scambiano tenerezze, ma soprattutto parlano e si ascoltano. E’ Irene a tessere il filo della storia, raccontando con irresistibile leggerezza ciò che è stato della sua vita, segnata da un oscuro fatto di sangue e dalla presenza di diversi uomini. Affiora così l’ambiguità del marito, la gelosia di un suo amante, la presenza di un misterioso persecutore. Non raccontiamo il finale, vale a dire l’ultimo capitolo, in cui il lettore viene a sapere chi è lui, l’uomo che Irene ha incontrato in questa notte. Altrimenti rovineremmo il piacere della scoperta. La suspence non sta nei fatti, negli avvenimenti, ma nella natura interiore della donna, nelle pieghe più profonde della sua anima che Montanari snuda piano piano in una dimensione romanzesca che guarda al teatro, ma anche all’essenzialità dei sentimenti.
Fulvio Panzeri


-------

(sa. ce.) Conoscete la Transilvania solo come patria del terribile Conte Dracula? Allora, per aprire i vostri orizzonti a qualcosa di più rassicurante,  dovete seguire l’appuntamento odierno di Parolario, il 27 agosto alle 18 nella biblioteca comunale di Como: Mario Conetti dialoga con l’autore Giovanni Ruggeri sul tema "Le icone su vetro di Sibiel". Ruggeri, giornalista e saggista, ha scritto molto su storia e tradizioni della Romania e, più in generale, dell’Europa dell’Est.
Con la sua nuova pubblicazione dal titolo  «Le icone su vetro di Sibiel», l’autore ci guida alla scoperta di una produzione artistica poco conosciuta che, in Transilvania, ha come punto di riferimento un museo molto importante.  Il libro analizza l’evoluzione della tecnica della pittura su vetro, un’arte millenaria originatasi all’inizio del ‘700, epoca in cui le icone venivano prodotte in grande quantità.
Attraverso le parole dell’autore e le pagine del suo libro, il lettore entra nel  museo di Sibiel che ospita seicento icone tra il Settecento e il Novecento, testimonianze di arte e devozione popolare del territorio che le ha prodotte. Non bastasse, Sibiel assume grande importanza spirituale durante la dittatura di Ceausescu, quando diviene centro ecumenico dell’Est, dove ortodossi, cattolici e protestanti in visita pregavano con la popolazione. L’ingresso all’appuntamento di Parolario è libero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA