Parolario, gli incontri del 5 settembre
Brevini: "Facciamo surf sulla cultura"

Il critico e saggista sostiene che la specializzazione "è morta: ora si spazia da un settore all'altro"

Sono molti i cambiamenti che sono intercorsi negli ultimi decenni nella società italiana, rapidi e velocissimi, tanto da mettere in crisi il valore da attribuire alla "cultura", visto che questa stessa ha modificato sostanzialmente il suo modo di essere. Così da una parte abbiamo il declino della cultura umanistica, in favore di un più vasto panorama culturale, accessibile a tutti, in varie e nuove forme di comunicazione, che usa linguaggi diversi e si presenta in un’ottica da "postmoderno" globale.
Come si affronta questo cambiamento?
Demonizzando il nuovo, in favore del modello culturale cui siamo stati educati o cercando di capire quali vantaggi e quali prospettive apre il nuovo modello culturale? A queste domande ha cercato di rispondere uno studioso del calibro di Franco Brevini, professore di Letteratura italiana e Letteratura italiana contemporanea presso l’Università Iulm di Milano e l’Università di Bergamo, studioso di poesia dialettale e autore di alcune "storiche" antologie, critico e giornalista, nonchè appassionato di viaggi e di alpinismo, tema centrale in molti suoi libri. Lo ha fatto con un libro, "Un cerino nel buio. Come la cultura sopravvive a barbari e antibarbari" (Bollati Boringhieri, euro 13) che non è un pamphlet, ma un’opera originalissima che, incrociando la vita e le proprie occasioni autobiografiche alla rielaborazione intellettuale, ci presenta una sorta di "mappa del cambiamento culturale" in atto.
Che cosa è successo di tanto significativo in questi anni?
Un cambiamento radicale che ha dato la possibilità ad un numero sempre più vasto di persone di accedere al sapere e alla cultura in modo profondamente diverso, da come avveniva un tempo.
Alcuni detrattori ritengono che sia iniziata una fase di "barbarie". È possibile?
Non vedo in questo una ricaduta nella barbarie, ma semplicemente la constatazione che è finito un modello culturale, quello classico-umanistico, che non corrisponde più e non può più corrispondere alle esigenze di questa società. La nostra formazione culturale era di tipo specialistico, avevamo a disposizione pochi strumenti, la scuola, qualche enciclopedia. Ora, invece di una cultura specialistica facciamo "surfing", che non significa essere superficiali, ma saper spaziare da un settore all’altro, dall’informatica al latino, tenendo conto di una maggiore complessità del mondo del sapere e dell’informazione, dove tutto è interconnesso e dove vince chi si dimostra attento a una pluralità di ambiti culturali dalle nuove tecnologie alla musica pop fino al cinema.
Si è spesso accusato quella che viene ritenuta la "superficialità" dei nuovi approcci al sapere, come una delle cause della crisi del sistema scolastico. Secondo lei è veramente così?
Si è sbagliato approccio al problema, accusando di volta in volta come "ignoranti" gli studenti e i professori. Invece sono cambiati i paradigmi; si è scavato sotto i fondamenti e la scuola, che prima era considerata l’unica agenzia in grado di fornire saperi, con il crollo della cultura umanistica è andata in crisi e ha perso prestigio, perché le si sono affiancate molte altre agenzie concorrenti che garantiscono ai ragazzi i saperi di cui hanno bisogno, in modo molto più accattivante. Tutto questo non riguarda solo la scuola, ma anche la vecchia editoria, la tv generalista, i giornali, la cui crisi si deve all’incapacità di rinnovarsi e di aprirsi ai nuovi linguaggi, in sinergia con il Web, per offrire nuovi strumenti di orientamento sul mondo: approfondimenti, analisi, commenti. Solo imparando ad usare i nuovi linguaggi di questa cultura "altra" che si è andata formando forse riusciranno a uscire dal tunnel della loro crisi cronica. <

Fulvio Panzeri

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Alla ricerca del vero volto di Gesù
Un'indagine tra l'arte e la fede

 È sospeso tra arte e fede l’incontro che si tiene in piazza Cavour questa sera alle 21. Quale era il volto di Gesù? A questa domanda prova a rispondere Flavio Caroli nel suo ultimo libro «Il volto di Gesù. Storia di un’immagine dall’antichità all’arte contemporanea» (Mondadori). Ogni epoca ci ha tramandato un pezzetto di verità sul volto di Cristo: dalla prima rappresentazione di Gesù, alle toccanti raffigurazioni paleocristiane, alle immagini del cristianesimo ortodosso, a Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, Grünewald, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Rembrandt, Velazquez, Tiepolo, per arrivare fino a Andy Warhol e ai registi Pasolini, Zeffirelli e Olmi. Quale il senso di questa ricerca? Il "volto di Gesù" ci riguarda da vicino, poiché, come dice l’autore, «anche le immagini che produrrà su di Lui la fantasia del futuro non saranno né oggettive né innocenti. Saranno le immagini del Gesù di cui avrà bisogno il mondo di domani». Flavio Caroli, che oggi a Parolario dialogherà con Armando Besio, è docente di Storia dell’Arte Moderna al Politecnico e allo Iulm di Milano, storico e ospite fisso del programma televisivo «Che tempo che fa», in onda su Rai Tre.

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Una Cicogna vola al festival
per discutere di adozioni

A Parolario, oggi, si parla anche di adozioni. L’appuntamento è fissato per le 16 in piazza Cavour con Paolo Moretti (nella foto), giornalista de "La Provincia" nonchéautore di un volume dal titolo «La cicogna che sconfisse l’aviaria», resoconto autobiografico di una straordinaria avventura umana. Diario, racconto ma soprattutto cronaca, il volume ricostruisce la storia di Mehala, bimba indiana il cui nome significa «grande felicità» e che grande felicità due anni or sono portò nella casa dei suoi genitori, sia pure al termine di un viaggio lungo e difficile. Il percorso è quello dell’adozione, iter aspro e complesso sia dal punto di vista tecnico che da quello emotivo, e di cui il libro di Moretti rappresenta una sorta di manuale per l’uso. Impreziosita da una prefazione di Marco Scarpati e da una postfazione di Stefano Zecchi - ordinario di estetica all’Università degli studi di Milano - «La cicogna» alterna però alla cronaca pagine impostate con un approccio più intimista: e del resto Mehala, cui è pure intitolata un’associazione che si occupa sia di adozione internazionale sia di sostegno all’infanzia in genere (www. mehala. org), smette di essere solo la bellissima bambina attorno al cui viso è costruita questa storia. Diventa inevitabilmente il simbolo di un amore primordiale che a molti uomini e a molte donne resta oggi ancora negato, nonostante i progressi della scienza medica. Avere e amare figli è un diritto, e la placida Cicogna che nel pieno dell’emergenza aviaria volò indenne dall’India a Como, insegna come conquistarselo.

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