Tornano a brillare
gli affreschi di Palanzo

Si recupera la cappelina cinquecentesta di San Rocco
Per secoli fu intensa la devozione contro le pestilenze

Verranno restaurati a Palanzo, frazione di Faggeto Lario, la cappellina di San Rocco e gli affreschi al suo interno, databili ai primi decenni del Cinquecento. L’intervento, che porrà rimedio a una situazione di abbandono e degrado, sarà possibile grazie all’erogazione di un finanziamento di 48 mila euro al Comune di Faggeto da parte della Fondazione provinciale della comunità comasca e della Comunità Montana del Triangolo Lariano.
Il progetto di recupero riguarda tanto la struttura della cappellina  quanto gli affreschi. La prima parte del progetto prevede la demolizione del tetto e la sua ricostruzione con manto di copertura in pietra naturale tipo Valmalenco (al posto dell’attuale pietra di Moltrasio), la sistemazione del pavimento (in pietra di Moltrasio) e la collocazione di un cancello, a protezione della cappellina e dei suoi affreschi, danneggiati nel corso degli anni anche dall’azione dei vandali.
La cappellina di San Rocco è una delle numerose edicole religiose che costellano le vie d’accesso a Palanzo, testimonianze della fede degli abitanti, che si votavano ai santi e alla Madonna mettendosi in cammino. Una descrizione della cappella si trova nel volume Faggeto Lario ieri di Gaetano Gatti: «In passato la devozione a San Rocco era molto diffusa. Si può dire che in moltissime parrocchie esiste un altare o una edicola rurale a lui dedicata. Questa devozione si spiega col fatto che il Santo veniva invocato in occasione delle terribili pestilenze del colera o della peste, veri flagelli per popolazioni inermi e sprovviste dei rimedi scientifici della medicina. Della cappella di San Rocco sulla strada da Palanzo verso Riva, parlano a lungo i decreti della visita pastorale del Ninguarda nel 1593. Pur nel degrado attuale dell’intonaco è possibile intravvedere le varie figure degli affreschi come sono state descritte allora: «Vi è una capelletta di S.to Rocho tutta pinta, con la volta dove sono pinti li quattro dottori della Chiesa nelli cantoni, et vi è dentro un altarino nudo non consacrato... et invece di ancona vi è l’imagine della B. Vergine col figlio in braccio et dalli canti S.to Rocho, et S.to Sebastiano, et dalli muri laterali vi sono altre diverse figure, dall’una la Mad.na col figlio in braccio, et da lati S.to Hieronimo et S.ta Catharina, dall’altra doi S.ti Rocho et S.to Sebastiano con la pietà di sopra».
Cosa sia rimasto rispetto a questa antica descrizione, soprattutto per quanto riguarda gli affreschi, è oggetto di una relazione del 1996 dello storico dell’arte Alberto Rovi, che colloca il ciclo d’affreschi «entro i primi decenni del Cinquecento». L’analisi dell’esperto è sconsolante: ben poco è riconoscibile nell’intonaco della cappella: «Le vaste cadute d’intonaco - annota Rovi - impediscono una valutazione piena del ciclo d’affreschi» e più avanti: «l’umidità e l’uso improprio dell’interno hanno compromesso irremediabilmente vaste zone dell’affresco», che comunque «ad una prima analisi (...) sembrerebbe unitario. Sono dipinte con figure sacre le tre pareti, mentre il grande arco d’accesso è internamente dipinto, nella ghiera, con motivi geometrici molto semplici».
Al centro della volta spicca però ancora il volto di Cristo: «è questa l’unica figura la cui cromia risulti ancora sufficientemente accesa». «Nelle quattro vele della volta - prosegue la relazione, facendo riferimento probabilmente ai decreti della visita del Ninguarda citati dal Gatti - erano dipinti i quattro dottori della Chiesa latina: Agostino, Ambrogio, Gregorio, Girolamo, che parzialmente ancora s’indovinano. Sufficientemente conservato è il san Girolamo in abito cardinalizio, connotato da fluente barba bianca, dallo sguardi rivolto verso l’icona della Vergine col Bambino della sottostante parete».

Barbara Faverio

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