Abusi sessuali su tre donne
Sei anni al medico di Valsolda

Si è dichiarato innocente anche prima della sentenza. Prescritti altri tre casi

Fino all’ultimo ha provato a difendersi, in aula, di fronte al Collegio del Tribunale di Como.

Sostenendo che quello che gli veniva contestato dalla Procura della Repubblica non erano violenze sessuali e nemmeno molestie o abusi, ma solo attività diagnostica non compresa delle pazienti che evidentemente avevano equivocato.

Il dottor Stefano Pozzi, 50 anni, di Valsolda, non è riuscito però a convincere – almeno per ora, in primo grado – i giudici chiamati a decidere sulla sua vicenda che, nel tardo pomeriggio di giovedì 17 marzo, l’hanno condannato a una pena di sei anni.

Sei erano anche i capi di imputazione portati in aula dal pubblico ministero Antonia Pavan, tre dei quali sono però stati dichiarati prescritti. Si tratta, ovviamente, di quelli più datati. Accusa che aveva invocato una condanna addirittura più alta, a 8 anni. Il Collegio di Como ha anche disposto una provvisionale da cinquemila euro a testa per le tre vittime del medico (più le spese legali), in attesa che un eventuale risarcimento venga definito nel dettaglio in sede civile.

Prima delle richieste delle parti e della sentenza, l’imputato aveva rilasciato delle spontanee dichiarazioni, ultimo tentativo di convincere i giudici di primo grado, sostenendo appunto che si trattava di attività diagnostica e certo non di abusi. La difesa attenderà ora il deposito delle motivazioni per tentare la via del ricorso in Appello.

Pozzi secondo l’accusa - ricostruita in una inchiesta condotta dai carabinieri della compagnia di Menaggio e culminata il 17 agosto 2018 con gli arresti domiciliari del medico - avrebbe trasformato quelle che erano normalissime visite in ingiustificate (secondo la Procura) ispezioni ginecologiche. Cosa che tuttavia il medico nega.

L’inchiesta era scattata dopo la denuncia presentata da una delle ultime pazienti, che si era presentata dai carabinieri di Porlezza per lamentare una serie di approfondimenti intimi ritenuti non necessari e del tutto ingiustificati.

La donna aveva raccontato agli investigatori di essersi sentita abusata e di aver vissuto quella visita come una vera e propria molestia sessuale.

I carabinieri avevano quindi esteso l’indagine e avevano iniziato a contattare altre pazienti. Inizialmente l’accusa sosteneva di avere identificato e rintracciato complessivamente una decina di donne che, secondo le contestazioni, tra il 2010 e il 2017 avrebbero subito un approfondimento medico non richiesto.

A processo i casi contestati al medico di Valsolda sono stati invece sei, e di questi tre sono stati dichiarati prescritti. Tre dunque le contestazioni che sono rimaste in piedi e che hanno portato, ieri sera, alla sentenza di primo grado quantificata in sei anni.

(Mauro Peverelli)

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