Barbarossa, streghe e piazze infestate: la notte dei falò illumina la riva di Lezzeno

Tradizione Il rogo delle cataste in otto punti del territorio comunale come non avveniva da tempo

Il paese in fiamme anche quest’anno, come nel 1169 quando Federico Barbarossa si accanì su Lezzeno, ricordando la barbara usanza dei roghi delle streghe e per celebrare l’arrivo della primavera.

Questi i tre motivi per cui nella notte tra il 18 e il 19 marzo otto falò visibili a chilometri di distanza hanno illuminato il lago. Numerose le persone che hanno assistito all’incendio dei grandi covoni di ramaglie e legname. Per oltre due mesi i residenti delle diverse località hanno accumulato legna ammassandola, poi sono entrate in gioco le donne che hanno decorato cataste e fantocci come in una sfida per il rogo più bello, più grande, più duraturo.

Davvero uno spettacolo, un colpo d’occhio magnifico quello allestito nelle frazioni con aggiunta delle specialità culinarie dal tooc alla grigliata.

Alessandro Pertusini della Pro Lezzeno è decisamente soddisfatto: «Erano otto i roghi in paese, sei delle frazioni e un paio realizzati da privati con il terreno vicino al lago. Difficilmente tutti i falò vengono accesi nella stessa sera, quest’anno è capitato e l’effetto scenografico è stato molto bello». Diverse le motivazioni che portano a questa antica tradizione rinnovata anno dopo anno: «Da sempre, da quando ci si ricorda a memoria d’uomo o per i racconti di padri e nonni, la tradizione c’è stata. Tra le motivazioni si parla dell’incendio del Barbarossa al paese o del fatto che Lezzeno era ritenuto abitato da molte streghe che frequentemente mettevano al rogo».

E poi c’era la leggenda della piazzetta infestata da erbe allucinogene che facevano perdere la ragioni a chiunque vi passasse. Fino agli anni Sessanta e Settanta il covone da incendiare era anche al centro di dispute, la legna era un bene prezioso ed era usata per il camino, per la catasta si recuperavano le ramaglie. Non era finita, perché poi c’era chi dormiva vicino al falò per evitare che qualcuno rubasse la preziosa carbonella che all'epoca era necessaria per i ferri da stiro

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