Doppiette in rivolta
«Non andremo più
a caccia di cinghiali»

Tremezzina La protesta di 110 iscritti al Comprensorio che per la prima volta non hanno ritirato i “bracciali”

La decisione ha del clamoroso ed è la prima volta che accade qualcosa di simile nella storia della caccia comasca. L’altra sera, nell’auditorium di Ossuccio, ben 110 su (circa) 125 cacciatori abilitati alla caccia al cinghiale e iscritti al “Comprensorio alpino di Caccia Prealpi Comasche” non hanno ritirato tesserini e bracciali.

Una protesta unica nel suo genere e che ha una spiegazione che parte da lontano. Negli ultimi anni il mondo della caccia e i cacciatori sono spesso stati nel mirino di regolamenti fatti “a tavolino” e, come affermato da loro stessi, «da gente che non conosce la realtà del territorio».

Le coordinate

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’obbligo da parte di Regione Lombardia di fornire per ogni abbattimento le coordinate geografiche. Un evidente controsenso considerato che da un lato l’età media dei cacciatori è abbastanza elevata e dunque non tutti sono a loro agio con le moderne tecnologie, dall’altro che si ha a che fare con animali selvatici che si spostano di continuo. Quindi il dato della geolocalizzazione farebbe sì fede ma solo in minima parte, in quanto il cinghiale abbattuto a 3-4 chilometri dal punto in cui sono stati censiti i danni potrebbe essere lo stesso che ha provocato i danni medesimi.

È chiaro che di fronte a questo “no grazie” dei cacciatori – peraltro sofferto, visto che la caccia è una passione molto radicata anche sul nostro territorio – le istituzioni – in primis Regione Lombardia (con l’assessorato che ha in capo la delega alla Caccia e Pesca) – non potranno rimanere indifferenti.

I cacciatori – soprattutto in questa fase dove i cinghiali si sono letteralmente impadroniti di intere aree del territorio – dicono di essere sentinelle importanti ma anche l’unico rimedio oggi efficace. Questo alla luce anche del fatto che i selecontrollori – ovvero i cacciatori abilitati per il contenimento della specie – sono fermi al palo per un rimpallo di responsabilità tra Governo e Regione. Non resta che aspettare come questa situazione evolverà.

Da parte dei cacciatori, il canale di dialogo resta aperto con tutti, in primis gli amministratori e coinvolgendo nel ragionamento anche gli agricoltori, che più volte hanno lamentato un’impennata dei danni. Va rimarcato che i 110 cacciatori che non hanno ritirato tesserino e bracciale – dando un segnale di unità importante – hanno comunque già versato circa 650 euro per la licenza di caccia per la corrente stagione venatoria. Dunque in questo momento, solo 14 cacciatori possono cacciare il cinghiale in un territorio che va da Menaggio a Cernobbio (Bisbino), abbracciando tutta la Val d’Intelvi e parte del Porlezzese.

Cosa succede ora? Di sicuro, la protesta non passerà inosservata.

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