Giulino di Mezzegra, Bellosi denunciato per il danneggiamento della teca con le foto di Mussolini e Petacci. Lui nega: «Ho solo strappato i fiori posati da una squadra di fascisti»

28 Aprile La perquisizione dei carabinieri nella casa dello scrittore e responsabile dell’associazione Il Gabbiano

«Si, ho strappato i fiori dalla lapide. I fiori devono essere messi per i partigiani, non per il dittatore. Ma non ho danneggiato io la teca e il vetro che la ricopre, rivendico, quello sì, di aver strappato i fiori».

A parlare è Cecco Bellosi, 75 anni, responsabile della associazione comunità “Il Gabbiano” e scrittore, che nella mattinata di giovedì 11 maggio, nella sua casa di Sala Comacina, ha ricevuto la visita dei carabinieri che gli hanno notificato un mandato di perquisizione e il contestuale sequestro del telefono cellulare.

Gli atti fanno parte di un fascicolo, aperto dal pubblico ministero Simone Pizzotti, che accusa Bellosi del danneggiamento aggravato della lapide di Benito Mussolini compiuto nella notte del 28 aprile 2023, nella data della fucilazione. La perquisizione – fanno sapere fonti vicine a Bellosi – si è protratta per oltre due ore, compiuta da cinque militari dell’Arma. Contattato venerdì 12 maggio al telefono è arrivata una piena conferma ma solo di una parte dell’atto: Bellosi - che ha incassato la solidarietà di Arci Como - sostiene di avere strappato i fiori, ma respinge l’accusa di avere danneggiato la teca.

«Si, e lo rivendico – ci dice – Ma solo l’aver strappato i fiori che erano stati messi al dittatore e che invece dovrebbero essere messi a memoria dei partigiani. Non ho danneggiato nient’altro e non ho mai utilizzato alcun punteruolo per infrangere il vetro. Giovedì mattina sono venuti i carabinieri in casa mia, mi hanno sequestrato il telefono cellulare e anche un quadernetto degli appunti dove, con la data del 28 aprile, c’erano gli scritti del capitolo dedicato nel libro “Sotto l’ombra di un bel fiore”».

Bellosi ha anche annunciato di volersi difendere da solo, senza legali d’ufficio, tanto che già ieri ha dichiarato di «essere al lavoro per preparare una memoria difensiva». «Sono indagato per aver danneggiato la lapide ma non l’ho fatto, ho solo, e lo rivendico, strappato i fiori».

I carabinieri si erano presentati a casa di Bellosi prima delle sette. Nel pomeriggio di ieri invece, dopo la telefonata di un paio di ore prima, è arrivato un comunicato sempre a firma di Bellosi.

«Nego nella maniera più assoluta di aver danneggiato la lapide – si legge – Rivendico invece di avere tolto i fiori posti da una squadra di fascisti quella notte. Sono abituato ad assumermi le responsabilità di quello che faccio a viso aperto. Il 28 aprile è una data simbolo e Giulino di Mezzegra è un luogo simbolo: lì è finito il regime fascista, con il dittatore travestito da tedesco e i gerarchi in fuga. Fermati da 27, ripeto 27, eroici partigiani. In quel luogo ci dovrebbero essere le loro fotografie, non quelle di un dittatore. Quella lapide lì è in sé apologia di fascismo. Come se a Berlino ci fosse una lapide sul bunker di Hitler».

«Prendo atto – è la chiosa polemica – che esiste un nuovo reato: l’antifascismo».

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