Ha compiuto cento anni uno degli ultimi testimoni della battaglia di Nikolajewka

Gravedona Circondato dalla famiglia ha raggiunto il secolo. Ma ricorda i 14 mesi trascorsi in Russia

Hanno compiuto cento anni gli Alpini di Gravedona e, in chiusura d’anno, ne ha compiuti cento anche lui, Carlo Poncia, uno degli ultimissimi testimoni viventi di Nikolajewka.

A dire il vero lui ha sempre fatto parte del gruppo alpini di Consiglio di Rumo, ma le Penne Nere di Gravedona, in occasione dei festeggiamenti, l’avevano invitato e gli avevano reso onore.

Martedì 27 dicembre ha tagliato il traguardo del secolo di vita fra tanti ricordi belli e quelli drammatici dei vent’anni. Nel gennaio del ’43 Poncia fu uno degli alpini del battaglione “Morbegno” chiamati a sfidare l’Armata Russa con la 2^ Divisione alpina tridentina.

Le Penne Nere avrebbero dovuto agevolare una ritirata resa di per sé già drammatica dal gelido inverno russo.

Il nemico bloccava ogni via di fuga dalla sacca del Don e i militari italiani, combattendo eroicamente, riuscirono ad aprire un varco che permise ai superstiti delle truppe dell’Asse di uscire dalla Russia.

Ma fu una battaglia tragica: più di 40mila uomini, infatti, rimasero indietro, morti nella neve perché mal equipaggiati, dispersi o catturati. Se ne salvarono solo 13 mila e, tra loro, c’erano anche Carlo Poncia e suo fratello Lucio.

«Ho trascorso quattordici terribili mesi in Russia, dal giugno del ’42 al settembre del ’43 – aveva raccontato l’ultimo testimone locale vivente di quei terribili giorni in un’intervista a La Provincia – . Il rancio era costituito per lo più da bucce di patate, ma la morte in faccia l’ho vista soprattutto a Nikolajewka, in mezzo alla neve e alla tormenta, con pochi stracci addosso. Dopo la tragica battaglia non si vedeva più nemmeno la neve: a terra c’era solo un ammasso di corpi senza vita». L’alpino Poncia rimase ferito a una gamba da una scheggia di mortaio ed ebbe la fortuna di essere curato da una famiglia che lo accolse e, prima di riuscire a rientrare in Italia, dovette sperimentare anche la prigionia in un campo di lavoro in Germania, vivendo esperienze ancora ai limiti della sopravvivenza.

Nell’aprile del ’45, ironia della sorte, venne liberato proprio dai russi. Circondato dall’affetto dei parenti ha festeggiato i cento anni in un clima natalizio già di per sé festoso. L’anziano reduce, a dispetto dell’età e delle terribili esperienze vissute in gioventù, è sempre in ottima salute e sa sorridere alla vita.

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