La figlia di Gucci contro il film
«Con Al Pacino offeso mio papà»

Patricia Gucci ha scritto un post di fuoco contro l’attore che impersona Aldo Gucci: «È ritratto come un minuscolo delinquente sovrappeso, quando in realtà era alto, magro e con gli occhi azzurri. Era la personificazione dell’eleganza»

Nel giorno e mezzo di riprese (complice il rinvio a causa del vento forte) in quel di Villa Balbiano, sontuosa dimora al confine tra Ossuccio e Lenno, Al Pacino è sembrato davvero a proprio agio nei panni di Aldo Gucci, figlio maggiore di Guccio Gucci, che nel 1921 fondò l’azienda che porta il nome della famiglia.

Come dimostrano anche le immagini del set pubblicate dal nostro giornale, Aldo Gucci è stato tra i protagonisti del mondanissimo party organizzato nel giardino di Villa Balbiano - la villa sul lago - alla presenza del nipote Maurizio Gucci (interpretato da Adam Driver) e della consorte Patrizia Reggiani (con una Lady Gaga davvero a proprio agio in questa nuova veste). E secondo quanto documentato anche dalle immagini pubblicate dal nostro giornale, Al Pacino ha interpretato sino in fondo quel ruolo di figlio maggiore che un gigante della regia come Ridley Scott gli ha affidato.

Eppure Al Pacino in versione Aldo Gucci non è piaciuto a Patricia Gucci, unica figlia femmina (di quattro figli) di Aldo. «Dopo aver visto in anteprima le immagini di “House of Gucci” non posso stare a guardare - si legge in un lungo post pubblicato nelle ultime ore -. Aldo Gucci - che ha trasformato Gucci da un unico negozio a Firenze a un fenomeno globale durante i suoi 30 anni come presidente - è ritratto come un minuscolo delinquente sovrappeso, quando in realtà era alto, magro e con gli occhi azzurri. Era la personificazione dell’eleganza».

Questo l’incipit, cui fa seguito un richiamo diretto alla figura di un’icona hollywoodiana come Al Pacino. “Nel film - si legge ancora nel post - (Aldo Gucci, ndr) è interpretato da Al Pacino, l’attore noto per il suo ruolo ne “Il Padrino” come gangster e “Scarface” come spacciatore, in cui stigmatizza generazioni di italiani e latini. La sceneggiatura è basata su un libro di un autore che non ha mai incontrato mio padre ed è incentrato su Patrizia Reggiani - un’assassina condannata - e mio cugino Maurizio Gucci, che ha spietatamente messo da parte suo zio in una scalata ostile prima di mandare all’aria l’attività. Vederli glorificati dall’Olimpo di Hollywood e dall’acclamato regista Ridley Scott è incomprensibile».

Marco Palumbo

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