L’arresto del sindaco di Valsolda
«Una corruzione collaudata»

I particolari dell’inchiesta che ha portato in carcere Giuseppe Farina e il socio Lamberti. I magistrati: «Mercimonio della funzione»

Aveva una soluzione per tutti. Per i coniugi che volevano trasformare il tetto di casa in un bel terrazzo, alla faccia dei divieti. Per il signore tedesco, che avrebbe avuto piacere di poter trasformare il proprio terreno in edificabile. Per il milanese, a cui proprio non andava giù di non poter costruire un box con cancello annesso per colpa delle norme sulle distanze minime. Per la signora di Porlezza, che doveva vendere una casa ma fino a quando non sanava quel vecchio abuso... Per il proprietario di un terreno a rischio idrogeologico, ormai diventato un peso (da cedere alla pubblica amministrazione, ovviamente). E infine per il signor l’agente immobiliare toscano, che voleva trasformare l’ex caserma di Dasio in un mini condominio, alla faccia dei vincoli del Pgt.

Nessun ostacolo, per il sindaco Giuseppe Farina che, sotto la fascia tricolore di sindaco, continuava a indossare l’abito dell’architetto e a istruire - assieme al socio di studio - pratiche edilizie da far approvare al “suo” Comune. I militari della Guardia di finanza di Erba si sono presentati a Valsolda venerdì mattina. E in un amen hanno prelevato il sindaco Giuseppe Farina, 68 anni, al secondo mandato come primo cittadino, e il socio di studio, il geometra Silvio Lamberti, 61 anni di Porlezza, per condurli entrambi al carcere del Bassone con l’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, abusi edilizi. In appena un anno d’inchiesta i finanzieri, coordinati dalla Procura di Como, sono certi di aver documentato almeno sei differenti episodi di corruzione.

Agli arresti domiciliari (per 4 mesi, ha indicato il giudice) anche i clienti dello studio Farina-Lamberti disposti a pagare in nero il primo cittadino e il suo socio, pur di far chiudere un occhio alla pubblica amministrazione e ottenere quanto voluto.

Sono tutto fuorché teneri, gli inquirenti che nell’ultimo anno si sono messi all’ascolto delle chiacchierate tra il sindaco-architetto e i suoi clienti. Dice il capo della Procura, Nicola Piacente: «Ciò che è emerso nel corso dell’inchiesta è un’attività sistematica di corruttela» sui temi dell’edilizia «in una zona a protezione speciale, con interventi di sanatoria in violazione del piano di governo del territorio». Gli fa eco il pubblico ministero Pasquale Addesso, titolare dell’inchiesta: «Siamo di fronte a un sistema collaudato. Gli accordi con i corruttori avvenivano tutti nello studio professionale dell’avvocato. C’era una vera e propria processione di persone che chiedevano benefici, soprattutto in vista della variazione del Pgt. Bisognava intervenire per fermare un uso dei poteri pubblici completamente asserviti a interessi privati».

Il comandante della Guardia di finanza di Como, colonnello Alberto Catalano. «Era opinione corrente, in paese, che l’iter favorevole delle pratiche edilizie richiedeva non già l’intervento degli uffici tecnici comunali preposti, ma dello studio del sindaco». L’inchiesta non è chiusa: «Abbiamo in corso verifiche e accertamenti su altre pratiche». Senza contare che, nel corso delle perquisizioni di ieri mattina (anche in Comune) i finanzieri hanno acquisito migliaia di documenti e decine di pratiche.

Due pagine speciali su La Provincia di sabato 2 marzo

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