San Siro, morto e legato a un palo
La triste fine di un capriolo

La femmina portava in grembo due cuccioli

Ennesimo atto di bracconaggio in territorio altolariano. Stavolta è accaduto a San Siro, con una femmina di capriolo impallinata nel fondoschiena dal cacciatore abusivo e maldestro di turno e morta a una certa distanza da dove è stata colpita per dissanguamento o infezione.

L’animale è stato trovato da un giovane che stava facendo attività fisica in località Piancee, poco sopra la frazione Gallio: era steso a terra senza vita, con evidenti tracce di sangue sul fondoschiena e una zampa legata con un laccio a un pilastro di un rustico.

Quest’ultimo particolare, a detta del comandante della polizia provinciale Marco Test a non sarebbe per la verità da ricondurre a macabre azioni nei confronti dell’animale.

«Qualcuno che ha rinvenuto il capriolo morto ha pensato di legarlo a un palo, evidentemente, per essere certo che non venisse trascinato via da volpi o cinghiali prima che lo potessero individuare le autorità competenti».

Rimane la gravità dell’atto di bracconaggio, che in base alle analisi effettuate dalla polizia provinciale subito dopo la segnalazione, risalirebbe probabilmente a martedì. « Il capriolo, colpito in un punto non mortale, si è allontanato ed è poi morto per dissanguamento o infezione – conferma lo stesso Testa – Si trattava di una femmina adulta in perfetta forma e gravida: nella sua pancia sono stati rinvenuti due feti e nel fondoschiena proiettili di carabina. Ora indagheremo per cercare di risalire all’autore del misfatto».

A una certa distanza dall’animale morto, in base a testimonianze raccolte sul posto, sarebbe stata individuata una rudimentale altana che con ogni probabilità è servita come base al cacciatore abusivo responsabile; se verranno rinvenute tracce di sangue del capriolo ferito nelle vicinanze, le indagini avrebbero già un buon punto di riferimento su cui basarsi.

Tre anni fa, non lontano, in territorio del confinante Comune di Cremia, era stata trovata morta una femmina di cervo di grossa taglia con un filo d’acciaio intorno al collo; con molta probabilità si trattava di un laccio che l’animale era riuscito a strappare da terra tagliandosi irrimediabilmente il collo e andando poi a morire in un valletto.

In quell’occasione Marco Testa si era fatto interprete di una dura condanna nei confronti del bracconaggio, sottolineando come un animale preso in un laccio soffra le pene dell’inferno prima di morire. Poco tempo prima, a Sorico,la stessa orrenda sorte era toccata a un pastore tedesco di cinque anni, Thor, rimasto inesorabilmente intrappolato in un laccio.

(Gianpiero Riva)

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