«Valsolda, ecco perché
il sindaco resta in carcere»

Le motivazioni del tribunale del riesame che ha negato la libertà al primo cittadino accusato di corruzione

Un paio di giorni dopo il suo arresto, l’allora sindaco di Valsolda Giuseppe Farina avrebbe tentato, dal carcere, di far giungere un messaggio a un paio di dipendenti comunali attraverso una loro conoscenza: attenti a quel che dite in ufficio (il senso del messaggio). Perché ci sono le cimici dei finanzieri.

Il rischio di inquinamento probatorio nell’inchiesta sulla presunta tangentopoli di Valsolda è «concreto, attuale e rilevante». Ed è anche per questo che i giudici del Tribunale del Riesame di Milano avevano respinto, a suo tempo, l’istanza con cui l’ex primo cittadino ha chiesto l’annullamento della custodia cautelare in carcere.

Le motivazioni - pubblicate ieri - dei giudici del Riesame non aiutano certo la strategia difensiva di Farina, del quale i magistrati milanesi parlano come «un soggetto del tutto indifferente al rispetto delle regole e alla funzione pubblica esercitata, piegata da tempo e in modo sistematico al perseguimento di interessi personali e privati. In spregio a quei doveri istituzionali di correttezza, imparzialità e trasparenza volti alla realizzazione dell’interesse della collettività che il Farina avrebbe dovuto tutelare».

L’ex sindaco di Valsolda era finito in carcere il primo marzo scorso, assieme al socio di studio, il geometra Silvio Lamberti, 61 anni di Porlezza, con l’accusa di corruzione. Con loro erano stati arrestati - ai domiciliari - i clienti dello studio Farina-Lamberti che avevano chiesto di “aggiustare” le regole pur di ottenere una serie di favori urbanistici.

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