Variante Tremezzina, quante macerie

La gestione vale 46 milioni di euro

Previsti detriti per un milione e mezzo di metri cubi dagli scavi delle gallerie: per portarli nelle cave serviranno 53 mila camion

La lettera con richiesta di chiarimenti firmata dai residenti in via al Faree a Castiglione d’Intelvi - la strada d’accesso alla Cava Citrini - ha acceso i riflettori su quello che molti addetti ai lavori hanno definito il vero vulnus della variante della Tremezzina. Non una ferita nel senso più letterale del vocabolo latino vulnus, ma certo l’anello debole di una catena che, una volta iniziati i lavori da 469 milioni di euro (più Iva), non potrà in alcun modo interrompersi, tenendo conto della ferra volontà dei maggiori sponsor istituzionali di questa attesa infrastruttura di arrivare al taglio del nastro in tempo utile per le Olimpiadi invernali 2026. Già perché i complessi scavi della variante della Tremezzina porteranno in dote 1 milione e mezzo di metri cubi di smarino o comunque di materiale proveniente in primis dagli 8,2 chilometri di gallerie (su 9,8 chilometri totali del tracciato). Una premessa è d’obbligo: il progetto definitivo approvato, che ha dato poi corso all’appalto integrato, non impone alcun tipo di conferimento ad alcuna cava già definita e individuata. Si tratta solo di suggerimenti. Toccherà all’impresa che si aggiudicherà l’opera (sette le capofila che concorreranno alla realizzazione della variante della Tremezzina) individuare i siti economicamente e quantitativamente migliori per conferire lo smarino, fermo restando che le aree sin qui individuate - a cominciare da quelle di Castiglione d’Intelvi e Grandola ed Uniti - hanno già avuto il via libera legato alla compatibilità con gli strumenti urbanistici in essere. La gestione inciderà sul 10 per cento dell’opera, ovvero - euro in più, euro in meno - circa 46 milioni. Stando così le cose, alla cava di Castiglione saranno destinati gran parte dei 500 mila metri cubi di materiale in uscita dal portale di Colonno non per essere stoccati definitivamente lì, ma per essere riutilizzati - dopo la lavorazione - per getti di calcestruzzo e sottofondi. Grossomodo un camion - il cosiddetto “tre assi” (da movimento terra) - trasporta 12 metri cubi di materiale in media, che possono salire sino a 20 metri cubi se il trasporto viene effettuato da un autoarticolato. Nelle cave a sud di Como troveranno posto circa 350 mila metri cubi di smarino, sempre in uscita dal portale di Colonno. C’è già un novero di cave nel “mirino”, ma tutto dipenderà dal rapporto tempi di trasporto-costi. L’altra grande partita si giocherà al portale di Griante dove usciranno macerie per 650 mila metri cubi; due terzi dello smarino sarà conferito alla cava Spandri del Moregallo (Mandello del Lario), il restante alla cava di Grandola ed Uniti. La stessa Anas, nella nota a corredo del progetto definitivo, ha spiegato con i crismi dell’ufficialità che “una delle principali problematiche affrontate nel corso dell’attività di progettazione definitiva è stata proprio la gestione dello smarino proveniente dalle operazioni di scavo delle gallerie naturali previste dal progetto”. Per il portale di Griante “i progettisti hanno optato per il trasporto via lago della maggior parte del materiale con conferimento in Comune di Mandello del Lario”. E questo nonostante la Soprintendenza avesse chiesto una soluzione alternativa. D’altronde 1 milione e mezzo di metri cubi di materiale è un dato di un rilievo assoluto. Basti pensare che per realizzare il nuovo Sant’Anna, ad esempio, sono serviti 125 mila metri cubi di calcestruzzo. La parola passa ora alle imprese o meglio all’impresa capofila che si aggiudicherà questa maxi infrastruttura.

(Marco Palumbo)

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