Processo agli skinheads di nuovo rinviato
La sinistra comasca scende in piazza

Manifestazione di “Como senza frontiere” in occasione dell’udienza per i fatti del chiostrino di Sant’Eufemia (2017) - Un errore procedurale costringe al rinvio del procedimento

Como

Doveva essere il giorno della costituzione delle parti civili ma un errore procedurale, che le difese degli imputati hanno subito fatto rilevare, ha determinato ieri il rinvio del processo istruito nei confronti dei 13 membri del Veneto fronte skinheads che il 28 novembre del 2017 irruppero al Chiostrino di Sant’Eufemia, fermando una riunione della rete “Como senza frontiere”.

Il rinvio è questione di conteggi: dalla data della citazione a giudizio a quella della fissazione della prima udienza non possono essere trascorsi meno di 60 giorni: in questo caso ne sarebbero trascorsi 57. Il resto lo hanno fatto gli impegni nelle agende degli avvocati difensori: il mese prossimo non se ne parla, quello dopo meno che mai, e poi la sospensione estiva, e insomma: prossimo appuntamento in questa stessa aula il 18 ottobre.

Breve sunto: i 13 imputati, accusati di violenza privata, quella sera - con indosso la tradizionale “uniforme” skinheads, cioè bomber e anfibi - diedero lettura a un proclama contro l’immancabile «turbo capitalismo» e contro tutti quei «traditori della patria» accusati di voler favorire l’immigrazione anche attraverso la creazioni di realtà quali “Como senza frontiere”. Con la loro irruzione, gli skinheads interruppero una riunione del comitato cui partecipavano 13 persone; 12 di loro avrebbero dovuto costituirsi ieri mattina, così come avrebbero voluto costituirsi un elenco di associazioni ed enti che sostengono “Csf”, vale a dire l’Anpi, la Cgil, l’associazione Luminanda (che a suo tempo gestiva il Chiostrino), l’Arci e due partiti, cioè Rifondazione e Sinistra italiana.

Si tratta anche delle stesse realtà cui si deve, sempre ieri in concomitanza con la convocazione del processo, l’organizzazione di un colorato presidio di fronte al tribunale, occasione per rilanciare alcuni dei principi fondanti di “Como senza frontiere” - che in questi giorni festeggia i suoi primi cinque anni di vita -, così come ribaditi dal suo portavoce, lo storico e ricercatore Fabio Cani: «Il nostro obiettivo - ha detto Cani - rimane quello di promuovere, rispetto ai temi dell’immigrazione, un cambiamento culturale radicale, in un contesto in cui i valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo si rivelano centrali, fondanti, senza nessuna possibilità che essi si coniughino in alcuna forma con i disvalori del fascismo».

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