Coronavirus, un uomo di 45 anni
rischia più di una donna di 75

La statistica aiuta a fotografare l’epidemia. E spiega ciò che non ti aspetti. Dalle stime dei decessi reali ai dati sui ricoveri nei reparti di Terapia intensiva, con più di qualche sorpresa

Nel clima di profonda incertezza di questi giorni, non si può fare a meno di “aggrapparsi” ai numeri, che di fatto rappresentano l’unico strumento che consenta se non di prevedere quantomeno di interpretare il comportamento dell’epidemia da Covid-19.

Uno dei siti in questo senso meglio aggiornati, più completi - con riguardo particolare ai territori delle province lombarde -, e di più facile lettura (grazie anche a un sistema di intelligenza artificiale che si chiama “Sus” e che volendo accompagna la consultazione) è senz’altro il sito data4covid19.com, un progetto no profit messo a punto da Logol Ag, società svizzera specializzata nell’analisi dei dati che si avvale di un team di matematici e ingegneri con background di studi importanti , dal Politecnico di Milano alla Normale di Pisa.

Dalla consultazione del sito si traggono notizie buone e notizie meno buone. Tra queste senz’altro quella che riguarda il numero dei decessi effettivi - di cui La Provincia si è occupata anche ieri - , di particolare attualità anche alla luce dell’inchiesta in corso in queste ore all’interno delle case di riposo: «Dalla nostra analisi- spiega Marco Farina, ingegnere comasco d’origine nonché ceo di Logol - emerge che i morti da Covid-19 in Lombardia, per causa diretta o indiretta, potrebbero essere ormai vicini alla quota di 30mila a fronte dei 11.142 ufficiali: si tratta di una cifra che tiene conto anche di tutti quei pazienti cui il sistema sanitario, in affanno per l’emergenza, non ha saputo fornire l’assistenza e le risposte che in condizioni normali sarebbero state garantite».

La medesima sottovalutazione rischia di valere anche per il reale numero di lombardi positivi al tampone, che i matematici di data4covid19. com quantificano nell’ordine dei 2.972.500, pari cioè al 29,5% della popolazione residente.

Anche qui, come nel caso della stima dei decessi reali, è stato utilizzato un modello di stima basato su dati Istat, considerando le morti per Comune negli anni precedenti e il tasso di mortalità medio dell’Oms.

Tra gli elementi che invece dovrebbero indurre a un minimo di ottimismo, la constatazione che il numero dei pazienti ricoverati nei reparti di Rianimazione della Regione sta diminuendo con costanza, a dimostrazione del fatto che i protocolli terapeutici attualmente in uso contribuiscono, se non altro, ad attutire gli effetti della malattia. Con qualche sorpresa: «Analizzando nel dettaglio i ricoveri in terapia intensiva avvenuti in Lombardia, i cui numeri precisi sono stati resi pubblici pochi giorni fa grazie a una mappatura effettuata al San Raffaele di Milano - dice ancora Farina -, è emerso che il parametro più rilevante per stabilire la probabilità di finire in terapia intensiva è il sesso e non l’età. Ritrovarsi in Terapia intensiva è circa cinque volte più probabile per un uomo che per una donna, e anzi il rischio per un uomo di 45 anni è addirittura superiore a quello di una donna di 75 anni; dunque, l’età è meno rilevante del sesso di appartenenza». È un altro degli aspetti che dovranno essere presi in considerazione quando sarà il momento di avviare le procedure di rilascio del lockdown.

Stefano Ferrari

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