Mascherine e guanti per la Svizzera
Export non autorizzato, maxi sequestro

Si trattava di dispositivi di protezione (oltre 800mila guanti) prodotti in Italia e destinati al territorio della Confederazione. Anche in Italia vige la stessa norma approvata in Germani e Francia

Non sono soltanto tedeschi e francesi ad avere vietato l’esportazione di mascherine, guanti in lattice e altri analoghi dispositivi di protezione personale fuori dai confini dei rispettivi territori nazionali.

Dallo scorso 25 febbraio - e quindi da prima non solo che si scatenasse l’emergenza coronavirus nei termini e con le proporzioni attuali, ma anche prima del consiglio straordinario dei ministri della Salute Ue, giorno 5 marzo, in cui Belgio, Olanda e Italia criticarono la linea nazionalistica franco-tedesca -, dallo scorso 25 febbraio anche nel Belpaese è in vigore un decreto che vieta l’esportazione di guanti e mascherine senza autorizzazione.

Risultato: ai valichi doganali di Chiasso, in due successivi operazioni, Agenzia delle dogane e Guardia di finanza hanno proceduto, nei giorni 5 e 10 marzo, rispettivamente al sequestro di oltre 800mila guanti monouso in vinile, e di 40mila guanti monouso in lattice con 120 mascherine di classe”Ffp2”, merce tutta destinata al territorio elvetico, verosimilmente al sistema sanitario svizzero.

A dare notizia dell’operazione è stato il commissario per l’emergenza Angelo Borrelli, in diretta tv nel pomeriggio di ieri. Borrelli ha ringraziato, in particolare, il prefetto di Como Ignazio Coccia, le Dogane e le fiamme gialle. Mascherine e guanti, che risultano prodotti in Italia (l’esatta provenienza non è stata chiarita, ma si tratterebbe comunque di prodotti provenienti da una fabbrica fuori dai confini della Lombardia) saranno consegnati alla Protezione civile e alle strutture sanitarie lombarde in prima linea nella guerra contro il virus.

Anche per la Svizzera l’approvvigionamento di guanti e mascherine potrebbe diventare a questo punto un problema, così come lo è stato e continua ad esserlo per noi, costretti - si ricorderà - anche a rivolgerci all’estero, come nel caso delle mascherine già acquistate in Sud Africa.

Il tema, come detto, era stato dibattuto a fine febbraio, quando a Bruxelles la ministra belga della salute Maggie De Blook aveva rivolto ai colleghi europei un appello alla solidarietà, sostenendo - dopo le prese di posizione di Francia e Germania - che un blocco delle esportazioni fra gli stati membri non era «nello spirito dell’Unione europea». L’aveva seguita a ruota il ministro Roberto Speranza, insistendo lui pure sui concetti di solidarietà e collaborazione tra gli Stati da dimostrare - aveva detto - con «un lavoro concreto, che risolva i problemi sul tavolo» perché «non bastano le parole, servono fatti e tempi brevi». Critiche erano arrivate anche dal ministro olandese, in particolare contro quei Paesi che stavano adottando «misure nazionali per salvaguardare le loro scorte»: «In tempi di scarsità è importante mostrare solidarietà», aveva detto, e «il divieto di esportare metterebbe la solidarietà europea a rischio». Vero è che la Svizzera è paese extra Ue. Ma il decreto che ha motivato i sequestri di Chiasso vale anche per le merci dirette verso gli stati membri. Insomma: abbiamo fatto come tedeschi e francesi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA