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Risorse Allarme dell’assessore regionale Guidesi per il passaggio delle competenze di “coesione” a Roma: le ricadute su Como
Como
Dal 2014 ad oggi le risorse spese in provincia di Como e provenienti dai Fondi coesione dell’Ue ammontano a 1,4 miliardi di euro, secondo i dati raccolti da Opencoesione del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministero. I maggiori beneficiari sono stati i comuni di Como, Tremezzina e Gravedona e Uniti.
Ora l’Europa vuole cambiare le modalità di erogazione e sceglie la formula del Pnrr per l’assegnazione dei fondi anche per il bilancio pluriennale per il periodo 2028-2034, secondo la proposta presentata dalla presidente dell’esecutivo dell’Ue, Ursula von der Leyen. Si introduce così un cambiamento nella gestione delle risorse dell’Unione europea: non più canali diretti tra territori e Ue, ma un modello accentrato che fa riferimento ai diversi Stati.
«L’orientamento di assegnare i fondi di coesione 2028-2034 ai diversi Paesi europei fa mancare quel rapporto diretto tra regioni e Bruxelles che c’è stato fino ad ora e tutto verrebbe centralizzato a Roma – è il commento di Stefano Vitali, amministratore della Tessitura F.lli Vitali - per chi vive e lavora in Lombardia, questo significa una cosa semplice: meno strumenti e tempi più lunghi per le imprese, per l’innovazione, per la ricerca. Strumenti che oggi arrivano in pochi mesi rischiano di bloccarsi per anni nella burocrazia centrale.
Già è piuttosto difficile accedere ai fondi europei con una mediazione regionale, se venissero centralizzati a livello nazionale la dispersione prima della diretta assegnazione aumenterebbe ancora di più. Non è una questione di bandiere o di politica, ma di buon senso. Se la Lombardia frena, frena l’Italia».
Con una dimensione complessiva di €1 984 miliardi, il 1,26% del reddito nazionale lordo annuale degli Stati membri, il nuovo budget mira a dotare l’Unione europea di fondi per finanziare soprattutto la transizione energetica, le politiche sociali e la difesa. Ma la proposta della Commissione presentata il 16 luglio scorso è solo l’inizio di una macchinosa negoziazione che dura due anni e coinvolgerà, anche i paesi membri, che devono approvarlo all’unanimità, il Parlamento europeo, che dovrà dare l’approvazione definitiva, e i parlamenti nazionali, per l’approvazione dello stanziamento finale.
Proprio per contrastare questo nuovo modello diverse regioni, le più industrializzate, hanno già sollevato obiezioni, oltre a Catalogna, Baviera, Baden-Württemberg e altre, anche la Lombardia contesta un sistema che aumenta la mediazione per l’assegnazione dei fondi alle imprese. «La nuova proposta della Commissione europea sui fondi di coesione 2028-2034 potrebbe cambiare tutto – ha dichiarato Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico della Regione Lombardia - il rapporto diretto tra la Ue e la Lombardia era uno strumento fondamentale che permetteva di poter interagire direttamente con Bruxelles. Sicuramente il passaggio attraverso Roma ha i limiti di una connessione indiretta. Ci sono i rischi di un blocco che può far dilatare i tempi su argomenti importanti quali la ricerca e lo sviluppo – avverte l’assessore regionale - la Lombardia è il motore dell’Italia, ha bisogno di fondi diretti che diano impulso alla sua economia».
Della stessa opinione anche la presidente del Comitato europeo delle regioni, Kata Tüttő: «non vi sono garanzie che tutte le regioni beneficeranno degli investimenti nel settore della coesione, non vi è alcuna disposizione giuridica che definisca il coinvolgimento nella gestione dei fondi». Anche Sari Rautio, finlandese e relatore del CdR sul Qfp post-2027, ha dichiarato: «la proposta della Commissione segna un cambiamento fondamentale rispetto all’Europa in cui crediamo, che mette al centro le persone».
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