Dalla guerra al mare
Siamo pronti a tutto

Tra le cose più toccanti che ci è toccato leggere nei giorni del coronavirus, c’è sicuramente la riflessione secondo cui questa pandemia sta portando via la generazione del boom economico. La generazione protagonista del più bel periodo storico italiano dal dopoguerra in poi, fatto di entusiasmo, novità, idee e gioco di squadra. In pratica tutto quello che manca adesso. Gente che ha permesso, anche, alle generazioni seguenti di vivere in una bambagia perenne, con il risultato di invertire drammaticamente gli equilibri tra “necessità” e “divertimenti”. Generazione dal dna immaturo che oggi vive la semplice necessità di stare in casa come fosse stata inviata al fronte. Volete un esempio tra i temi in voga in queste giornate di perenne talk show: il mare!

Ma scusate, non eravamo in guerra? Non eravamo immersi nella più grave crisi mondiale dagli anni 30 a oggi? E secondo voi, durante i bombardamenti del 1944, avreste trovato uno, anche solo uno magari nascosto in un fienile, oppure seduto sullo banco di un parlamento, argomentare che: “c’è il problema di andare al mare”? Oggi invece sì. E non declinato, come forse ci salverebbe tutti in corner, alle difficoltà economiche del settore turistico e degli impianti balneari. No. Il giornalista ammicca in studio agli ospiti e butta lì, a fine collegamento: “perché, certo, io voglio andare al mare eh…”. Liceali perenni.

La voglia di autoproclamarsi in guerra da una parte, ma anche di volerne uscire immediatamente. Il mare è un argomento possibile? E la piega dei capelli? O le passeggiate nel bosco? Il footing? A colpi di centinaia di morti al giorno e con i fallimenti dietro l’angolo, ci si accapiglia per l’ora d’aria. Dimenticando che la guerra non solo non è finita ma per molti deve ancora cominciare. Quella della crisi economica. Altro che mare…

Non è l’unico argomento del genere. Per esempio questo coronavirus finalmente ha cancellato uno dei più grossi alibi dell’umanità: “io non posso fare a meno di…”. Nemmeno nella scelta dei divertimenti, siamo capaci prenderci delle responsabilità. Abbiamo demandato tutto a una supposta necessità, tra il filosofico e il fisico, prescritta da un supposto medico immaginario, secondo cui “guai a se mi toccate il …”.

C’e’ chi “non poteva fare a meno di andare allo stadio”, di “andare a fare l’aperitivo”, di “andare a fare il giro in bicicletta”, di “mangiare la pizza” di “fare 5 giorni di mare ad agosto”. Dire alla moglie, alla compagna, all’amico, al collega: “mi spiace ma io non posso fare a meno di…” era una specie di autocertificazione ante litteram.

Adesso tutti hanno capito che possono fare a meno di tutto. Vivaddio abbiamo anche la consapevolezza (certezza ancora no, ma insomma…) che un giorno torneremo a fare tutto quello che abbiamo sempre amato. E per fortuna! Solo che cambieremo formula: e finalmente ci prenderemo le nostre responsabilità. Faccio questo non perché ne ho bisogno, ma semplicemente perché voglio farlo. Ne saremo capaci?

Per fortuna (lasciateci almeno quello…) non passa, nonostante tutto, la voglia di (sor)ridere, nonostante il periodo drammatico. Gli autori dei programmi, non solo comici, in questi due mesi hanno avuto un clamoroso assist dal web, in merito a battutine, freddure, riflessioni in controluce, colpi di genio. Calcistici (“Se il virus fosse la Juventus sarebbe già stato eliminato”), di coppia (“mogli: reali una, percepite tre”), storiche (“Il 4 maggio secondo me esce pure Mina”), strategici (“bus, 40 mq, 16 persone; bar 40 mq, 1 persona alla volta. Soluzione: aprire un bar sul bus”). Tra le centinaia lette, vince probabilmente questa: “Sono segregato in casa da settimane con la mia famiglia. Sembrano brave persone…”

Già, i rapporti familiari, così diversi quando erano una specie di intervallo tra una uscita di casa e un’altra... E a proposito di rapporti familiari, gli italiani hanno conosciuto anche la scuola on line. Che, diciamoci la verità, è stata anche un terrificante ritorno al passato. Dipende dall’età dei figli. Vedere i bambini delle elementari nel loro entusiasmo di alzare la mano, ci ha fatto venire in mente a cosa sarebbe il mondo se gli adulti conservassero quella spinta a fare, intervenire, dimostrare, collaborare. Per chi ha il figlio adolescente, invece, un pizzico di attenzione in più nell’occupare le stanze: hai visto mai che, entrando inavvertitamente in cameretta, ti tocchi una interrogazione in matematica!

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