Don Roberto: non può
essere tutto come prima

“Tutto come prima e non chiedeva di più”. Si conclude così “Viaggio di un poeta”, una vecchia hit dei Dik Dik il cui protagonista è un vagabondo. E anche a Como ci sono dei vagabondi, o meglio, come li definisce in uno sferzante editoriale il direttore del Settimanale della Diocesi, monsignor Angelo Riva: «Decine di “invisibili” che vagano come spettri (e lordano anche, stavolta visibilmente) nella nostra città», per cui il sacerdote giornalista chiede di «trovare finalmente un tetto».

Ecco perché anche se a Como tutto è come prima bisogna appunto chiedere di più, uno sforzo culturale prima ancora che politico per dare finalmente una risposta corretta dopo le tante sbagliate che sono arrivate e che hanno deformato in maniera penalizzante e umiliante la fama di una città che, in buona parte e nonostante tutto, si sforza di essere migliore di come è dipinta senza che gli ispiratori del quadro siano privi di responsabilità. E se la questione fosse risolta «Pazienza (o per fortuna, dipende dai passaporti partitici) – continua don Angelo - se dovesse andare in giro l’immagine di Como come città che non chiude, ma apre spazi di accoglienza e di dignità umana».

Monsignor Riva non nasconde la complessità del problema: «Senz’altro c’è una questione di legalità e sicurezza - spiega- , perché non esiste che decreti di espulsione restino lettera morta, né che soggetti pericolosi circolino senza controllo, né che il flusso migratorio possa avvenire senza regole e filtri». Ma in attesa che siano i livelli nazionali e internazionali a tentare di sbrogliare questa decennale matassa, in ambito locale si potrebbe cominciare a dar corpo alla volontà, espressa dal consiglio comunale, non da una congrega di avventori del bar sotto casa al quarto bianco sporco, di realizzare un nuovo dormitorio per i senzatetto. Perché non è vero che non ce n’è bisogno. Di posti disponibili nelle strutture esistenti ce ne sono pochi. E se si vedono meno disperati accampati sotto i portici dell’ex chiesa di San Francesco, vuol dire solo, è chiaro, che sono arrivati i primi freddi e queste persone vanno a cercare giacigli più riparati ma sempre provvisori, inadeguati e in condizioni igienico sanitarie più che precarie.

Eppure, quando ormai dal martirio di don Roberto sono passati quasi 20 giorni, l’unica discussione in corso a palazzo Cernezzi è quella sulle eventuali grate da piazzare per blindare San Francesco. Una richiesta della Lega Nord, unica a sostenerla tra le forze di maggioranza, appoggiata, per quanto attiene all’opposizione solo dalla lista civica di Alessandro Rapinese. Chiare le difficoltà degli altri due partner della coalizione che governa il Municipio: in primis Fratelli d’Italia, favorevole in maniera aperta al dormitorio. Però, per restare ai Dik Dik, tutto è come prima. L’appello di monsignor Riva è rimasto inascoltato, così come, bisogna avere il coraggio di dirlo, la voce del sangue versato da don Roberto Malgesini in piazza San Rocco.

Per questo la questione è culturale oltre che politica. E investe anche il ruolo che Como vuole avere nel futuro. Quello di essere una città accogliente solo per i turisti? Ma, lasciando pure da parte, e non si dovrebbe, l’aspetto dell’umanità, questa immagine di intolleranza verso i disperati ci gioverà, alla lunga? Occorre insomma un dibattito a 360 gradi e gli input possono arrivare al palazzo anche dall’esterno: dagli operatori della carità ma non solo, anche dalle altre associazioni e di chi ha a cuore il bene pubblico. Perché la protesta fuori dal municipio quando si riunisce il Consiglio comunale, non porta risultati, anzi, contribuisce, sia pure involontariamente a polarizzare il problema che invece, come si nota anche nel dibattito politico ma non solo, presenta rilevanti trasversabilità che vanno tenute in considerazione.

Se si vuole davvero onorare don Roberto, non solo con le parole già spese, occorre partire da qui. Altrimenti sarà tutto come prima. E non è davvero la soluzione migliore per onorare l’ultimo viaggio di un silenzioso e concreto poeta della carità.

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