Cantù, la tragedia di Fabio : ucciso dal monossido il barman del “Leon”

Cantù Morto a 47 anni nella sua nuova casa in Svizzera. Fino al lockdown aveva gestito un locale in via Ariberto. Il funerale di Travalca Cupillo a Capo D’Orlando, Messina

Sorridente, esuberante, pieno di energia, sportivo, sempre con la battuta pronta. A tanti sembra incredibile che Fabio Travalca Cupillo, 47 anni, padre anche di un bimbo, per molti Fabio “Leon”, dal nome del bar che aveva in via Ariberto, non ci sia più.

Barista, addetto alla sicurezza - buttafuori, nel gergo informale - anche accompagnatore di Vip per diversi locali, in città e non, anche sul lago di Como, e gallerie di negozi. È morto per un’intossicazione da monossido di carbonio avvenuta nella sua casa, in Svizzera, dove viveva in questi ultimi anni.

Due giorni di silenzio e l’allarme

La tragedia è avvenuta nelle vacanze di Natale. Qualcuno, tra gli amici, sulle prime, avrebbe pensato anche a qualcosa di simile a uno scherzo, nel non farsi sentire. Dopo un paio di giorni è montata la preoccupazione. Una familiare avrebbe infine lanciato l’allarme. Quando è stata buttata giù la porta, non vi era più niente da fare. La famiglia conferma che la morte è avvenuta a causa dell’intossicazione da monossido. Secondo quanto riferito da alcuni amici, all’origine, da una primissima ricostruzione, vi sarebbe stata una fatale distrazione: l’aver portato all’interno della casa la griglia per il barbecue.

Briga-Grils, nel Canton Vallese

La tragedia è avvenuta a Briga-Grils, nel Canton Vallese, dove ultimamente lavorava - raccontano gli amici: in famiglia, in un momento così doloroso, non ci sono parole - come operaio specializzato, su cantieri di trivellazioni in montagna, dove veniva portato in alta quota via l’elicottero. I funerali sono stati celebrati in questi giorni nella Chiesa di Cristo Re, a Capo d’Orlando, in provincia di Messina, la Sicilia dove si trova la sua famiglia. Il Bar Leon era frequentato, prima che chiudesse, nelle serate del mercoledrink e del fine settimana. I baristi si ricordano sia Fabio come barista che come buttafuori. Aveva lavorato, ricordano, anche allo Spazio, il noto locale notturno di piazza Garibaldi.

I colleghi: cordoglio e ricordi

«Spiace tanto: un bravo ragazzo, sorridente e gentile», ricorda Massi Fontana dell’allora 7’s Joe Cafè. Sebastiano Pirrotta, cuoco, ricorda Fabio come «una persona molto gioviale ma anche una gran brava persona: è stato un bruttissimo colpo apprendere quanto successo».

Michele Ferri, San Rock Cafè, ricorda i tempi in cui il bar non era ancora in Largo Amedeo, a lato di via Matteotti, bensì tra via Risorgimento e piazza San Rocco. Fabio lavorava per il San Rock come buttafuori. «Dispiace tantissimo, anche perché era un personaggio positivo, sorridente», dice Ferri. La sua frase tipo di fine serata era: “Allora ragazzi, andiamo a casa, non ce l’avete una panchina, un ponte, quattro cartoni dove dormire?”. «La frase è diventata negli anni uno standard che ormai di tanto in tanto esce in automatico a orario di chiusura da qualche cliente».

Amante dei cani, dei suoi bull terrier, al punto che la foto con un suo cagnolone è stata utilizzata per il manifesto funebre. E di arti marziali miste, di boxe. Tanti i commenti su Facebook. «Sembra impossibile non poter più sentire la tua risata».

«Mi avevi detto: non sparire mi raccomando, che lo fai sempre. Stavolta sei stato tu a sparire. Non ci rivedremo in Svizzera come avevamo detto di fare, ci rivedremo in un posto più bello».

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