L’ “avocatt” Pavesi pioniere del ciclismo, il primo italiano a finire il Tour de France e ora «merita un museo»

Caglio I familiari vorrebbero donare parte dei ricordi al Ghisallo. L’idea di uno spazio nella casa che il campione amava

C’è storia e storia. Quella di Eberardo Pavesi innamorato di Caglio inizia da una bicicletta che usa per raggiungere il paese. Qualche volta arriva a Caglio su un tandem, in compagnia della moglie Irene Baietta.

La bicicletta è un destino per Pavesi, tra i partecipanti al primo Giro d’Italia del 1909, e primo corridore italiano a portare a termine il Tour de France finendo per altro sesto. In seguito, smessi i panni del corridore e indossati quelli del direttore sportivo, e ingaggiò Fausto Coppi e Gino Bartali.

Pioniere

Ci sono tante storie nei 91 anni di passione per il ciclismo vissuti da Eberardo  Pavesi, nato nel 1883 e mancato nel novembre 1974. La famiglia vorrebbe omaggiarlo donando parte della documentazione in suo possesso al Museo del ciclismo Madonna del Ghisallo oltre ad aprire un piccolo museo nella loro casa all’ingresso di Caglio, sulla provinciale. L’idea del pronipote Federico Lassini è di caratterizzare ulteriormente il territorio del Ghisallo nel segno del ciclismo anche attraverso il nome dell’importante avo.

Difficile d’altra parte trovare altre esponenti così importanti del ciclismo pionieristico. Pavesi, originario di Colturano (tra Milano e Lodi), era garzone nel panificio di famiglia quando comprò per 60 lire la sua prima bicicletta dal peso di 16 chili e debuttò nel 1904 con un doppio successo tra i professionisti vincendo il giro del Lago di Como e la Pavia-Bologna, l’anno successivo vinse la Roma-Napoli-Roma di 460 chilometri e e altre corse.

«Nel 1912 vinse il Giro d’Italia con la Atala. È stato l’anno in cui la classifica era per la prima e unica volta stilata a squadre, per la prima e unica volta. Galetti, Pavesi e Ganna con Giovanni Micheletto – spiega il pronipote Federico Lassini - Nel 1907, fu il primo italiano a portare a termine il Tour chiudendo con un sesto posto assoluto: ma ottenne i meritati onori infatti fu il primo degli “isolati”, cioè il primo corridore senza squadra e senza supporto logistico. Senza dimenticare che i francesi per altro boicottavano gli italiani».

Il tifo e Brera

«Rientrato a Milano venne omaggiato da centinaia di tifosi e dal sindaco con la banda, ma proprio quella storica impresa gli portò alla fine via l’amata moglie. Infatti al Tour de France contrasse il tifo a cui resistette ma che purtroppo trasmise alla moglie».

Il grande ciclista - ritiratosi nel 1919 - è stato un ancora più grande direttore sportivo: «Fu lui il ds della Legnano in occasione della vittoria del Tour de France di Gino Bartali e del Giro d’Italia di Fausto Coppi, proprio il mio bisnonno mise sotto contratto anche campioni come Alfredo Binda, Giovanni Brunero, Gino Bartali e Fausto Coppi. Gianni Brera gli dedicò due libri e lo soprannominò l’avvocato in bicicletta per la sua capacità dialettica. È stato tra i primi a rivendicare i diritti dei ciclisti che fino allora correvano gratuitamente e dovevano anche portarsi il cibo da casa».

Torriani e il Muro

Particolare l’incontro tra Pavesi e Caglio: «Amava particolarmente questa zona per le sue uscite in bicicletta e anche con la moglie spesso veniva a Caglio in tandem. Proprio allora si innamorò di quest’area e costruì la casa in cui ci troviamo. Noi qui abbiamo diverso materiale. Vorremmo creare un piccolo museo e donare parte del materiale al Museo del ciclismo Madonna del Ghisallo. Ma in realtà la cosa che ci preme di più è riuscire a creare una sorta di connessione e di promozione di questo territorio attraverso il ciclismo visto che il mio bisnonno suggerì anche a Vincenzo Torriani di inserire il Muro di Sormano all’interno del Giro di Lombardia».

A Caglio la famiglia Pavesi ha ancora la casa costruita dal nonno e qui si trovano nel periodo estivo Irene Pavesi, Alda Rosa Pavesi, Maria Laura Piccioli e appunto Federico Lassini.

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