L’uomo della mummia? Aveva mal di denti

Erba Presentati i risultati degli studi sui resti portati in città da Francesco Majnoni e conservati al Museo Civico. Il teschio è di un cinquantenne, probabilmente di rango elevato

La testa appartiene a un uomo di oltre 50 anni che soffriva il mal di denti, la mano e il piede sono riconducibili a giovani di 16 e 14 anni; tutti i resti sono databili tra il 390 e il 208 avanti Cristo.

Ecco, in pochissime righe, il frutto degli studi scientifici effettuati nel corso del 2023 sulle mummie del Museo Civico di Erba: gli esiti delle analisi sono stati presentati nel corso di una conferenza a Villa Ceriani, alla presenza del team del Mummy Project che ha seguito il progetto.

La conferenza

Il Museo Civico, diretto da Clelia Orsenigo, aveva affidato alla squadra di esperti del Mummy Project lo studio e il restauro dei tre resti mummificati presenti da decenni nella propria collezione, nell’ambito del progetto “L’Egitto ad Erba. Le mummie del Museo Civico raccontano” realizzato in collaborazione con il Rotary Club Erba Laghi e con il sostegno della Fondazione Provinciale Comasca.

Il professor Robert Loynes, medico chirurgo ed egittologo, ha tenuto una breve conferenza sulla mummificazione, poi ha lasciato la parola a Sabina Malgora - direttrice del Mummy Project - per presentare i risultati delle analisi (tac, prelievi, esame del dna e del C14) effettuate sui resti portati a Erba nel 1902 dal marchese Francesco Majnoni d’Intignano, all’epoca console d’Italia a Il Cairo.

Si è scoperto che la testa appartiene ad un individuo maschile di oltre 50 anni che ha certamente sofferto di mal di denti nel corso della sua vita (nei pochi denti rimasti sono presenti diverse carie). La mano sinistra, il secondo reperto, appartiene ad un individuo giovane, difficile stabilire se maschio o femmina, di circa 16 anni. Il piede sinistro, infine, appartiene ad un giovane maschio di età inferiore ai 14 anni con problemi di crescita, forse per cattiva alimentazione o per malattia.

«Sono state rilevate alcune sostanze naturali usate durante la mummificazione - spiega Orsenigo, direttrice del museo - tra cui olio di lino, resine della famiglia delle Pistacee, mastice e bitume. Le bende usate sono di lino sottile e pregiato e non presentano attacchi d’insetti, il che significa che l’imbalsamazione è stata fatta a regola d’arte: parliamo probabilmente di una classe sociale elevata».

Volto in 3D

Le analisi del dna, purtroppo, non hanno portato a nulla: «Il materiale è risultato troppo degradato, cosa piuttosto frequente nelle mummie per via dei trattamenti subiti nel corso del tempo».

Le analisi del C14, determinanti per la datazione, collocano i tre reperti tra il 390 e 208 avanti Cristo: è un periodo che comprende la trentesima dinastia, la seconda dominazione persiana, l’arrivo di Alessandro Magno in Egitto (332 avanti Cristo) e la prima fase del periodo tolemaico.

Il prossimo passo della ricerca, come ha spiegato il professor Alessio Soggiu dell’Università degli Studi di Milano, riguarderà le analisi genetiche dei batteri presenti sulle mummie. «Siamo inoltre alla ricerca di fondi - aggiunge l’assessore alla cultura Paolo Farano - per realizzare una raffigurazione 3D del volto della mummia, da esporre insieme ai reperti».

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