Mazzotti, il rapimento rivissuto sulla Rai: «Non ho i cinque miliardi»

Eupilio Il sequestro è stato protagonista a “Cose Nostre”. Il racconto di Vittorio, il fratello maggiore di Cristina: «Il direttore de La Provincia ci avvisò del ritrovamento»

Eupilio

«Chi diede la notizia ai miei genitori fu De Simoni, il direttore del giornale La Provincia di Como. Mia madre cacciò un urlo». Dopo anni di silenzio, Vittorio Mazzotti racconta il sequestro della sorella Cristina davanti alla trasmissione “Cose nostre”. Nel corso del programma, trasmesso lunedì sera e disponibile su RaiPlay, sono stati mostrati documenti inediti, gli audio delle telefonate tra i Mazzotti e i rapitori, le testimonianze dei protagonisti di quella tragica estate del 1975.

Il racconto di Vittorio, a cinquant’anni dai fatti, è il materiale più toccante raccolto dalla conduttrice Emilia Brandi e dai suoi consulenti, la giornalista comasca Lorenza Pleuteri e Giovanni Bianconi.

«Eravamo una famiglia molto unita, con genitori giovani. Mio padre era un uomo coraggioso, aveva fatto la guerra nei sommergibili; era un uomo affascinante, molto serio e di pochissime parole. Mia madre era una donna molto simpatica» ricorda Vittorio. «Cristina aveva 11 anni meno di me, era un po’ la nostra bambolina. Le facevo uno scherzo che la disturbava parecchio, la prendevo e le soffiavo nel naso, ma lei non si arrabbiava e lasciava fare. Era carina, bravissima a scuola. Nel 1975 studiava al liceo Carducci di Milano e aveva concluso la seconda al classico» continua il fratello. Come tutte le estati, Cristina si era trasferita nella villa di famiglia a Eupilio. La sera del 30 giugno è stata rapita da emissari della ‘ndrangheta. «Mi hanno chiamato di notte per avvertirmi, sono andato in auto a Eupilio da Milano. Due anni prima a Roma era stato rapito Paul Getty, gli avevano tagliato un orecchio, era un periodo di atti crudeli».

Helios, il padre di Cristina, rispose alle prime telefonate dei rapitori. «Aveva già avuto problemi cardiaci, soffriva moltissimo: di lì a poco fui io a parlare al telefono. Mia madre restava in silenzio, aveva il rifiuto di sapere cosa stesse succedendo. Era una situazione tremenda di attesa perenne». La richiesta iniziale è di cinque miliardi, l’accordo finale è che la famiglia avrebbe pagato poco più di un miliardo. I soldi vengono consegnanti, ma Cristina non compare. Il primo settembre il corpo senza vita della ragazza viene ritrovato in una discarica nel Novarese. «Chi diede la notizia del ritrovamento del corpo ai miei genitori fu De Simoni, il direttore del giornale La Provincia di Como. Mia madre cacciò un urlo».

Vittorio ricorda i funerali della sorella e la morte del padre pochi mesi dopo per infarto: «Credo che per lui sia stata una liberazione andarsene. Questo dolore deve aver corroso anche mia madre, quando ha avuto i primi sintomi di demenza senile tirava sempre fuori questa storia: non so come siano state le sue notti per molti anni».

Ricche di particolari sono anche le interviste al pubblico ministero Corrado Canfora, a Carlo Galli (il fidanzato di Cristina) e al giornalista Renato Ambiel. Agghiaccianti restano le parole dei rapitori al telefono, incuranti della sorte di un ragazza indifesa.

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