«Sì al processo di beatificazione». Tutti insieme per padre Aristide
Erba, proposta dell’arcivescovo Samuele Sangalli, prelato all’apposito dicastero in Vaticano. Commozione durante il ricordo del settantesimo anniversario dell’ordinazione del missionario
Erba
Un processo di beatificazione congiunto per padre Aristide Pirovano e il suo grande amico Marcello Candia. Esempi di santità condivisa e missionaria.
La proposta è arrivata a sorpresa ieri durante la celebrazione nella chiesa di Santa Maria Nascente, in occasione del 70esimo anniversario della consacrazione episcopale di monsignor Pirovano, avvenuta proprio il 13 novembre del 1955. A proporla è arrivata dall’arcivescovo Samuele Sangalli, segretario aggiunto del Dicastero per l’Evangelizzazione in Vaticano, diretta all’associazione degli “Amici di monsignor Pirovano”. «Perché non farli santi insieme, in un unico processo?». Ha aggiunto poi l’arcivescovo: «State in ascolto delle vostre radici, avete davanti una grande opera da compiere, buon cammino».
La «grande opera», per l’appunto, è la proposta di associare il processo di beatificazione del Vescovo missionario erbese, da anni auspicato dagli Amici, alla causa in corso di Marcello Candia, amico di Pirovano, oggi già dichiarato Venerabile.
Marcello Candia è stato un imprenditore e poi missionario e filantropo. Dopo venticinque anni di lavoro, aveva venduto la sua azienda e si era trasferito in Brasile come missionario laico.
Una scelta, quella di Candia, maturata proprio sulla base della conoscenza di Pirovano.
Ieri la chiesa era gremita per la prima domenica dell’Avvento ambrosiano, il ritiro spirituale dei bambini di quinta elementare e appunto il ricordo dell’ordinazione di padre Aristide, promosso dalla Comunità pastorale Sant’Eufemia e dagli Amici.
Nell’omelia, rievocando la «figura buona» e il «sorriso accattivante» di padre Aristide, da lui conosciuto personalmente, monsignor Sangalli l’ha definito «davvero un servo di Dio», perché ha preso sul serio «il fatto che Dio ha dato la sua vita per noi e noi dobbiamo fare altrettanto». In questo senso costituisce un modello per le giovani generazioni, alla mercé di tanti messaggi negativi, di «stili di vita meschini e brutalmente indifferenti verso Dio e il prossimo» e dell’«assenza di ideali per cui spendere la propria esistenza».
Poi monsignor Sangalli ha richiamato la figura mite eppure tenace di Padre Aristide. L’Arcivescovo ha lanciato la sua proposta: «Pirovano e Candia, santi insieme in un unico processo?». Una benevola “provocazione” rivolta alla comunità erbese e agli Amici, con l’impegno a farsene lui stesso latore presso il Pime (l’istituto per le missioni) e in Vaticano.
Guardando le vecchie fotografie esposte sull’altare antico, l’Arcivescovo ha meditato: «Sono tempi lontani? Siamo rimasti in pochi a coltivare gli ideali di Pirovano e a proseguire la sua missione?»
«Ricordare non è indulgere alla nostalgia o all’archeologia storica – ha concluso Sangalli -, ma è stimolare la nostra vita oggi». Un concetto ribadito al termine della celebrazione da monsignor Angelo Pirovano, Prevosto e responsabile della Comunità di Sant’Eufemia: «Ricordiamo il passato per vivere il presente e proiettarci nel futuro». Il Prevosto ha infine ringraziato monsignor Sangalli per la sua presenza, accennando alla loro cordiale amicizia e anche all’origine dell’Arcivescovo, nativo di Acquate (Lecco), non lontano da Rancio dove, presso la Casa del Pime, padre Aristide si spense il 3 febbraio 1997.
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