Strage di Erba, demolite le suggestioni della difesa

La Cassazione I giudici: nessuna prova nuova per la revisione. Contro Bazzi e Romano elementi solidi e definitivi

Erba

La revisione serve «alla riparazione degli errori giudiziari» e «risponde all’esigenza, di altissimo valore etico e sociale, di assicurare, senza limiti di tempo la tutela dell’innocente», ma non può essere una «ripetizione del procedimento penale» e «il giudice della revisione è legittimato a non ammetterle e a dichiarare inammissibile o rigettare la richiesta» nel momento in cui «le “nuove prove” risultino inidonee ad inficiare I’accertamento del fatto». E, nel caso di Erba, le suggestioni sull’innocenza di Rosa Bazzi e Olindo Romano tali erano e, in quanto tali, del tutto inidonee a ribaltare la condanna.

A bocce ferme, le motivazioni della Cassazione che ha respinto l’istanza di revisione sulla strage di Erba (e sull’omicidio di Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli, Valeria Cherubini e il tentato omicidio di Mario Frigerio) demoliscono tutto l’impianto difensivo che, soprattutto negli ultimi anni, ha trovato il megafono di trasmissioni di intrattenimento e show televisivi.

Mario Frigerio

Pezzo per pezzo i giudici della Cassazione smontano tutti gli elementi portati a sostegno della richiesta di revisione. A partire dall’asserita amnesia anterograda di Mario Frigerio.

«I consulenti dei condannati muovono dal dato che Mario Frigerio non abbia riconosciuto, all’inizio, Olindo Romano e sostengono che, in base alle più recenti conquiste delle neuroscienze, non sia possibile passare da un volto ignoto al successivo riconoscimento di un volto noto. In realtà la sentenza ha appurato che Frigerio aveva riconosciuto immediatamente e senza ombra di dubbio Olindo Romano mentre usciva da casa Castagna e proprio per questo gli si era avvicinato con fiducia. Come Frigerio stesso ebbe modo di spiegare in dibattimento. La modifica tra le primissime dichiarazioni del testimone e le successive non ha nulla a che vedere con il tema scientifico». Come dire: ci si è accapigliati su un tema che non esiste e non è mai esistito.

«Analogo, radicale vizio presentano le valutazioni sulla intossicazione da monossido di carbonio e sulla c.d. “amnesia anterograda” che avrebbe portato Frigerio a una perdita progressiva del ricordo. L’analisi si radica su un elemento insussistente: |’intossicazione da monossido di carbonio». Per la difesa il vicino ha subito un “lavaggio del cervello” perché vittima di un’amnesia causata dall’intossicazione da monossido per l’incendio. Peccato che gli esami clinici dicano che non sia mai rimasto intossicato.

Aggressione Cherubini

Valeria Cherubini sarebbe stata finita in casa da killer ignoti? Ma assolutamente no: la consulenza sulla presunta dinamica dell’omicidio della moglie di Mario Frigerio è «confinata nell’alveo delle mere ipotesi, priva di reale sostegno in dati di fatto, e quindi del tutto recessiva rispetto all’ampio quadro probatorio che ha consentito ai giudici di ricostruire la dinamica dell’aggressione».

Presenza dei killer in casa

Altro tema la presunta presenza dei killer in casa Castagna-Marzouk già nel pomeriggio della strage, e questo sulla base di considerazioni sui consumi di energia. Una tesi che muove «da un presupposto indimostrato, in quanto escludono I’operativita di apparecchiature diverse da quelle prese in esame» e ignora «che i tabulati mostrano analoghi consumi nei medesimi orari anche nei giorni feriali precedenti a quello della strage».

Le confessioni

I giudici liquidano anche il tema delle confessioni, intese come false perché di fatto “estorte” in qualche modo dagli inquirenti. Asserite nuove prove che «si esauriscono in una rivalutazione della attendibilità delle dichiarazioni confessorie, già ampiamente scrutinata dai giudici». Confessioni, peraltro, contenenti «particolari minuziosi suscettibili di essere conosciuti soltanto dagli autori» della strage, «alcuni dei quali ignoti perfino agli inquirenti». Non solo perché le «dichiarazioni» sono pure «perfettamente collimanti» con quelle «di Mario Frigerio» senza tener conto della «spontanea consegna, ad opera di Romano, del proprio “sentire” ad appunti manoscritti sulla Bibbia e a una lettera al parroco»

Traccia di sangue

La macchia di sangue sull’auto di Olindo Romano, infine, è la sintesi di una difesa che aggiusta il tiro a seconda delle necessità: «Nessun dubbio era stato sollevato circa la provenienza della traccia. Le contestazioni si erano appuntate sulla possibile contaminazione riconducibile o agli inquirenti o agli stessi imputati». Ora, invece, ecco mettere in dubbio l’esistenza stessa della prova. Una «prova scientifica che, però, non ha rivestito valenza decisiva nell’ordito motivazionale della pronuncia irrevocabile di condanna, sicché qualunque nuovo elemento di prova che la riguardasse non avrebbe portata dirimente». E, comunque, «nella consulenza» delle difese «l’esperto muove da un’ipotesi che desume non dall’esame diretto del reperto, ma da descrizioni generiche dello stesso, sulla quale poi costruisce la propria analisi».

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