Tutto fermo per completare la “tangenziale di Como”: mancano ancora 700 milioni

La telenovela Il primo tratto è aperto dal 2015, ma per il secondo la Regione ha bussato a Roma. Tra le priorità inviate ad Anas progetto e variante: senza fondi però non si fanno passi avanti

Le prime auto - dopo oltre trent’anni di attesa - hanno iniziato a transitare sull’asfalto della “tangenziale di Como” nel 2015, ma di strada ne hanno potuta fare ben poca. Meno di tre chilometri - a pagamento - che, da allora, sono rimasti tali.

Da prioritaria a dimenticata

Il completamento dell’opera definita (con il tratto varesino) «prioritaria» su tutto il sistema Pedemontano rischia ora di restare un miraggio lasciando la strada un’eterna incompiuta. Nel 2009 i secondi lotti non vennero infatti inseriti nei piani finanziari, benché la progettazione arrivò comunque in fase molto avanzata (al progetto definitivo) e, da allora, dopo essere stato bollato come «troppo costoso» (il costo di realizzazione del tratto tra Albate e Albese era schizzato a 830 milioni di euro) è rimasto sulla carta.

Sono stati fatti tentativi di tracciati alternativi sia dalla Provincia che da Infrastrutture Lombarde (su incarico della Regione), ma il risparmio non è stato mai considerato tale da far premere sull’acceleratore, anche perché si andavano a paragonare un progetto definitivo con semplici studi di fattibilità destinati, quindi, a lievitare dal punto di vista economico.

Le ultime dichiarazioni sulla questione secondo lotto risalgono allo scorso 8 gennaio e a farle è stato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini al termine del sopralluogo sul cantiere della variante della Tremezzina. «Regione e Anas stanno lavorando» le sue uniche parole.

Era stata proprio la Regione poco più di un anno fa, ad inserire il completamento della tangenziale di Como tra le opere prioritarie da sottoporre ad Anas. Si tratta però di un tracciato diverso (da Albate all’ex area industriale di Albavilla, allungandosi quindi oltre lo snodo di Tavernerio e, in particolare la rotonda da cui parte la Lecco-Bergamo) con un costo stimato in 674milioni di euro e che si va a slegare dal sistema Pedemontano figurando infatti come “collegamento tra la tangenziale (quindi la A59) e la Briantea”. Il motivo alla base del cambio di rotta che la Regione ha avviato dal novembre del 2021 è economico: dal ministero avrebbero detto un no secco alla spesa di circa 830 milioni (anche con la formula di un terzo finanziato dal Pirellone) e, quindi Milano ha deciso di andare a bussare ad Anas facendo inserire il collegamento tra le proposte per il piano degli investimenti fino al 2025. L’obiettivo è chiaro ed è quello di far finanziare allo Stato l’infrastruttura che, in questo modo, non sarebbe a pedaggio (per il primo lotto, sarebbe a quel punto futuribile “l’acquisto”, anche se comunque in gran parte finanziato con fondi pubblici). Sta di fatto che il problema economico non è stato superato.

Troppe incognite

E il cambio di tracciato creerebbe comunque altri problemi: sul progetto originario c’è già, da anni, l’accordo dei Comuni interessati, cosa invece tutta da costruire per la nuova ipotesi. E come si può pensare che Anas prenda in considerazione un progetto non finanziato e neanche condiviso? Secondo qualcuno, al di là dei costi maggiori, sarebbe meglio tenere come punto fermo quello originario. Caro sì, ma almeno pronto.

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