
«Io Fortunato tra i tori del Giro. E ora ho un sogno: il Mondiale»
Il ciclista in redazione: «Alla corsa rosa questa maglia azzurra mi ha dato veramente tanta popolarità. E pure il Papa...»

La maglia azzurra del Giro d’Italia ha fatto tappa da noi, a La Provincia. Eh sì, perché ieri Lorenzo Fortunato - dapprima detentore, poi possessore e infine proprietario dell’indumento color del cielo e del mare che contraddistingue il miglior scalatore della corsa rosa - ci ha fatto visita in redazione e con lui abbiamo parlato un po’ di tutto. Il ventinovenne corridore bolognese (1.70 per 58 chili), dal 2021 di stanza nel Comasco per ragioni di cuore (sua moglie, Veronica, è di Erba), infatti, non si è sottratto ad alcuna sollecitazione. E allora andiamo insieme a sentirlo, avvertendo che il video dell’intervista integrale è sul sito www.laprovincia.it.
Un cimelio, questa maglia azzurra.
Era un obiettivo, ce l’ho fatta e sono contento, anche perché non sempre i traguardi che uno si pone poi riesce a raggiungerli.
Un passo indietro. Nel 2021 Fortunato vinceva l’iconica tappa del Giro d’Italia con arrivo sullo Zoncolan. In seguito, però, si sono un po’ perse le sue tracce.
Ho avuto una flessione nel 2022 e nel 2023. E a livello di risultati anche nel 2024, pur con prestazioni di valore.Quest’anno ho cambiato modo di correre, nel senso che non mi sono più concentrato sulla classifica generale, bensì sulle tappe e sulla maglia dei gran premi della montagna. E ho avuto ragione.
La tappa, formalmente non l’ha conquistata, ma sostanzialmente sì, nel senso che a Brentonico ha lasciato che a vincere fosse il suo compagno all’Astana, Scaroni. Il suo è stato un gesto meraviglioso, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Lo rifarebbe?
Quando siamo rimasti soli lui e io ai -7 dall’arrivo, avendolo visto in difficoltà, gli ho detto “mettiti a ruota che ti porto su”. Chiaro che se qualcuno da dietro fosse rientrato forte sarei stato costretto ad andar via da solo, però la sera prima gli avevo dato la mia parola che l’avrei aiutato a vincere la tappa visto che lui mi stava dando una mano in proiezione maglia azzurra. Certo, mai avrei potuto pensare che saremmo rimasti solo noi due in testa alla corsa... Così, quando ci siamo trovati lì non ho avuto alcun dubbio, ribadendo “oggi vince Scaro”. Certo che lo rifarei.
Un altro momento, extra corsa, che è rimasto negli occhi di tutti è la stretta di mano con il Papa prima dell’inizio dell’ultima tappa a Roma.
Leone XIV ci ha accolti in Vaticano, ma pensavo si limitasse a salutarci dall’alto. Al contrario, è sceso per la benedizione e io sono stato tra i quattro fortunati-con le altre tre maglie: rosa, ciclamino e bianca, che hanno potuto avvicinarlo e stringergli la mano. Un momento che ricorderò per tutta la vita.
Tutto ciò grazie a quella maglia.
Esatto. Oltre alla suggestione dell’incontro con il Pontefice, anche l’incredibile esposizione mediatica per le quasi tre settimane in cui l’ho indossata. E si è accresciuta la mia popolarità anche perché in molti mi hanno “conosciuto” attraverso le immagini televisive.
Un episodio curioso legato a quest’ultimo Giro?
Nel corso di una tappa di montagna, alle radioline ci hanno informato di stare attenti perché di lì a poco avremmo incrociato dei tori lungo il percorso. Pensavamo fosse una battuta legata al fatto della maglia rosa di Del Toro e ci siamo fatti una risata. Tempo qualche minuto e invece i tori erano proprio lì sul ciglio della strada. E qualche brivido l’ho provato...».
Ci racconta una sua giornata-tipo al Giro?
La routine è semplice. Ti svegli quattro ore prima che inizi la tappa, e tempo una mezzoretta fai colazione. E qui ognuno ha le sue abitudini. A me, ad esempio, piace mangiare il pane con l’omelette e pane burro e marmellata. Oltre a una buona dose di caffè. Si va al bus per recarsi alla partenza, poi il foglio firma, il palco, brevi interviste nel caso fossi richiesto e poi in sella. Una volta al traguardo, se devi salire sul podio per le premiazioni devi seguire il cerimoniale e perdi un’ora, altrimenti vai diretto al bus, fai la doccia sul bus stesso, massaggi, cena e vai a dormire. Così per ventuno giorni.
E la pasta prima di mettersi in bici non si mangia più?
Io preferisco evitarla, perché con le ultime ricerche si è capito che vi si può rinunciare essendoci dei “pasti” sostitutivi ancor più validi. Ma qualche collega, soprattutto italiano, che ancora si alimenta con la pasta a colazione c’è ancora. Un paio di etti di pasta li consumo però a tappa conclusa e poi anche a cena.
Quando non è in giro per il mondo, cucina a casa?
Sì, mi piace. Ma non ho mezze misure, nel senso o che faccio tutto in bianco oppure mangio bene. Detto da emiliano, potete capirmi... Ma mi piace anche uscire a cena con mia moglie e lo facciamo spesso perché non posso privare Veronica del piacere di un buon pasto. In quel caso sto abbastanza indietro prendendo un’insalata e un secondo. Strappi alla regola? I dolci e il gelato.
Cambiando argomento. Sinceramente, quanto si sente già erbese?
Frequento la zona da quando nel 2019 ho conosciuto Veronica e da lì ho sempre vissuto da quelle parti. Mi alleno sulle strade del lago, percorro continuamente le salite del Triangolo Lariano che ormai sono diventate di casa. Alludo a Ghisallo, Sormano, Alpe del Vicerè, Brunate, Bisbino e Cornizzolo che è quella che ritengo più impegnativa.
Ma sale sempre al massimo?
Dipende dal tipo di lavoro che devo svolgere, ma in generale a me piace proprio andare in salita. Anche quando non guardo il computerino e l’unico obiettivo è di godermela per raggiungere la cima. Insomma, quando non soffro, mi diverto. Perché comunque arrivare in cima è una soddisfazione che tu sia professionista oppure ciclista della domenica.
Il ciclismo sta conoscendo un’età dell’oro per merito della contestuale presenza di autentici fenomeni quali Pogacar, Van der Poel, Evenepoel, Vingegaard, Van Aert e via discorrendo. Certo che questa gente qui a voi “normali” toglie parecchio, anche se poi grazie a loro il ciclismo è più seguito.
Quello che a me ha impressionato più di tutti è Pogacar. Gli altri sono dei fenomeni, ma quando c’è Tadej corri per il secondo posto. Poi è ovvio che grazie a loro si parla sempre più spesso del nostro sport e questo fa bene al movimento. Insomma, anche noi beneficiamo delle ricadute.
Dei tifosi, scalmanati, che vi affiancano in salita correndo per decine di metri a un centimetro da voi, riuscite a rendervi conto?
Se sono staccato e mi danno una spinta allora apprezzo l’aiuto... Se invece sono concentrato, nel pieno dello sforzo, allora quasi non me accorgo. A darmi fastidio sono invece i fumogeni perché respirare quella roba a polmoni completamente aperti dà parecchia noia.
Guardiamo avanti. Dove e quando la ritroveremo alla corse?
Farò il Giro di Svizzera al via il 15 giugno, poi staccherò per una settimana senza salire in bici, dopodiché mi preparerò per la Vuelta, farò le classiche dell’estate e concluderò la stagione al Lombardia.
Un pensiero al Mondiale non lo fa, visto che quello di settembre in Ruanda sarà uno dei più duri della storia presentando qualcosa come 5.400 metri di dislivello? Va aggiunto che l’Italia porterà solo cinque corridori.
La possibilità di poter essere tra quei cinque c’è, non lo nascondo. Chiaro che dovrò vedere come uscirò dalla Vuelta. Nel senso che se uscirò bene come sono uscito dal Giro allora al 99% sarò al via. Sarebbe una vittoria anche soltanto partecipare.
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