Bianchini day: «Dopo i calci nel sedere»

Domenica a Roma-Cantù la Lega festeggia Il Vate. «A inizio carriera ne ho presi tanti». I ricordi: «Il Pierlo era il miglior giocatore d’Italia e d’Europa, averlo allenato mi ha fatto fare un salto»

Esistesse un ponte tra Cantù e Roma, dovrebbe essere intitolato a lui. Che, delle due città, è stato un allenatore-simbolo negli anni ’80. Nessuno ha dimenticato Valerio Bianchini. Ecco perché la Lega, domenica, gli dedicherà un momento speciale, organizzando il “Bianchini-Day” in occasione della sfida di campionato tra Luiss Roma e Cantù.

L’idea è piaciuta anche alla Rai che, trasmetterà in diretta la partita, alle 17.30, su RaiSportHd. Prima della sfida, gli saranno consegnati alcuni premi. Una targa celebrativa arriverà da Cantù, consegnata da Roberto Allievi e Pierluigi Marzorati, il “suo” capitano. Sarà una festa tra amici per Valerio Bianchini, ottant’anni, il “Vate” della pallacanestro italiana. Colui che ha cambiato le regole, in campo e nella comunicazione. Qualche giorno fa, su Facebook, commentando il “Bianchini-Day” ha scritto: «Colgo l’occasione per rassicurare i giovani allenatori: ho preso anche io molti calci nel sedere in carriera. Non deprimetevi se vi accadrà. Fa parte del mestiere».

C’è un filo che collega Bianchini, Cantù e Roma. Lo ricorda lui stesso: «A Cantù arrivai nel 1970, come assistente di Taurisano, un allenatore che era avanti vent’anni. Poi, dopo gli anni alla Stella Azzurra, la squadra collegata al collegio dove si formavano i dirigenti della Dc, tornai tra i “pretoni” di Cantù. E lì, da allenatore di livello italiano, diventai un allenatore di livello internazionale».

Il primo asse Cantù-Roma fu per la finale di Coppa delle Coppe nel 1980: «Giocammo contro il Barcellona, al PalaEur. Pensavo che fosse un evento per pochi intimi, c’era anche sciopero dei mezzi quel giorno. Invece il palazzo era pieno. E Cantù vinse la sua terza Coppa delle Coppe».

Era una squadra fortissima: «Fu un onore poter allenare ragazzi come Marzorati, Bariviera, Riva e tanti altri. Imparai tantissimo in quegli anni e si costruì un legame straordinario che dura ancora oggi. “Pierlo” fu fondamentale: avere come alleato il miglior giocatore italiano e forse d’Europa mi è servito per fare il salto di qualità come allenatore».

E poi Roma, altro capitolo fondamentale, con la conquista di scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. A Roma, ancora ci abita. Di fronte a Ponte Milvio, non lontano dal PalaTiziano dove domenica sarà omaggiato: «Roma è un deposito di passione, ma senza serie A. La Luiss? È una realtà favolosa: è un’utopia che si realizza. I suoi giocatori sono studenti che, vincendo una borsa di studio, possono proseguire la carriera di giocatori, senza interrompere gli studi. In Italia, è quanto di più vicino al modello dei college americani».

E lui, abituato ai grandi duelli dialettici a mezzo stampa con il rivale Dan Peterson, commenta con amarezza la scomparsa, o quasi, del basket dai quotidiani: «Senza la Virtus in A, e con un calcio fortissimo e totalizzante, il basket a Roma sembra sparito dai giornali. Per fortuna esistono e resistono i quotidiani locali, che parlano di Cantù, Pesaro, ecc…». Buona festa, Vate.

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