
( foto Gorini)
Lo sponsor e consigliere del club biancoblù: «Ho pianto per la promozione, è un successo anche come imprenditore»
Si definisce un idealista. Ma il lato che più spicca è quello dell’ottimista. Lo è stato nei momenti più difficili di Pallacanestro Cantù, figuriamoci se non può esserlo ora, con una promozione appena centrata.
Ad Antonio Biella e alla sua Acqua S.Bernardo si aprono le porte della serie A e il momento - per dirla alla Flavio Oreglio - è catartico.
Sì, anche se ho da sempre pensato che le gioie più belle siano quelle che derivano dalla sofferenze maggiori. Certi traguardi sono graditi quanto difficili da raggiungere.
Sicuramente. Ma ci siamo andati molto vicino. Con il senno di poi non è facile risalire dall’A2, e anche questo va messo in conto. Il campionato è complicato e bellissimo. Sono contento, naturale. Ci lasciamo alle spalle un torneo con tante squadre valide e dove poter perdere contro chiunque. Esperienza a suo modo entusiasmante.
La serie A è cambiata, si e evoluta, un po’ quello che è stato il nostro cammino. Una volta si era molto bravi a costruire squadre magari puntando su qualche sorpresa, ora proveremo a farlo senza perdere di vista la realtà.
Io partirei bello umile e mi darei con obiettivo la salvezza tranquilla. Poggiando su quanto abbiamo vissuto in questi anni. Siamo diversi, e innegabile e ce lo ricordano ogni volta quelli come Nicola Brienza che sono andati e poi tornati. Siamo più maturi, ci sono con noi persone che hanno dato un contributo importante e che guardano con ottimismo alla nuova era.
Ci sarà da impegnarsi. Sia Pistoia due anni fa sia Trieste in quello passato però hanno dimostrato che si può stare in alto da neopromossi. Faccio mia una massima di Bruno Arrigoni e vi dico che per andare ai playoff da ottavi e uscire subito al primo giro si può anche arrivare direttamente noni e soffrire molto bene.
Lacrime di gioia ed emozione. Prima sono rimasto immobile, mi sentivo in un sogno e non volevo svegliarmi. Poi per un po’ mi è risultato difficile parlare.
C’erano mia moglie con i suoi cari e mia figlia. Loro mi hanno sempre seguito. Gli altri (parenti, soci e amici) finché eravamo rimasti in A erano molto più stimolati, ma ora torneranno a vedere. La S.Bernardo del prossimo anno avrà molto più pubblico, me ne accorgo anche da quanti, in queste ore, stanno chiamando per dire verranno a vedere le partite.
Resta la grande soddisfazione di aver raggiunto l’obiettivo. Le risorse dell’azienda investite, adesso posso dirlo, hanno dato un ritorno d’immagine. È stato un successo, il prodotto finale ha reso onore alla scelta imprenditoriale e alla voglia di sostenerla. Dal 2018 a oggi direi che di fatti ne sono successi.
Per me a una grande importante. Forse maggiore rispetto ad altri. Fu il primo vero allenatore, oltre a Pashutin, della mia era. La prima volta che mi capitò di parlargli a lungo fu nella prima festa di Natale. Gli chiesi: “Mai pensato di fare il capo allenatore?”. Mi rispose: “Piuttosto che cominciare dalla B, preferisco continuare a fare l’assistente ad alti livelli, sicuro che prima o poi possa arrivare l’occasione”. E non sapeva che sarebbe arrivata da lì a poco.
Resta uno di quelli con cui ho condiviso uno degli anni più difficili della storia recente di questa società. Quante volte ci siamo trovati io, lui e Andrea Mauri per cercare di capire cosa fare... Una telefonata agli agenti per tranquillizzarli, io che anticipavo le fatture di sponsorizzazione per versare gli stipendi e via così. Un legame, forte allora e che è per sempre, penso possiate capirlo. Andrea ha fatto più di tutti e ha grandi meriti. E a me ha fatto un piacere enorme il ritorno di Nicola, anche per l’infinita stima che ho nell’allenatore. Sono ancora più contento che a riportarci in A sia stato lui.
Per me sono due i passaggi fondamentali.
Il momento delle cinque sconfitte consecutive, un grosso macigno. Dal quale però si è usciti tutti insieme, la squadra per prima, compattandosi, non mollando mai e credendoci. E la società poi, senza scelte scellerate di cambio di allenatori o giocatori. In quel momento la squadra si è unita ed è diventata un grande gruppo, la base per i successi successivi. Mi lasciate fare una citazione?
Mia mamma. Che dice sempre: “Come è entrata, esce”. Così è stato. Abbiamo avuto la determinazione e la forza per farla uscire.
La vittoria della Coppa Italia. Lì ho davvero capito che avevamo costruito un gruppo con la giusta cazzimma per affrontare le sfide che contavano. Giocatori veri, capaci nei momenti decisivi di dare addirittura di più di quello che ci si poteva aspettare.
Quando abbiamo deciso la campagna per il successo in Coppa Italia, abbiamo voluto usare la foto istituzionale della premiazione. Qui volevamo fare qualcosa di diverso, ma andava preparata per tempo, se volevamo uscire sul giornale il giorno stesso della cronaca della promozione. Voi, ad esempio, l’avevate vista in anteprima.
Così, per non diventare una copia della precedente abbiamo scelto di rendere omaggio a un simbolo della canturinità. Gli Eagles come tutti i nostri tifosi. Quelli capaci di trasformare un freddo palazzetto in una bolgia. Quelli che ci hanno sempre seguito e che quando non ci sono potuti essere, per via del Covid, l’abbiamo pagata, e tanto.
Casuale. Davvero. Ho chiesto al fotografo Polvara di mandarmi qualche scatto di curva e la più bella era quella. Con i coriandoli. Sapeva di festa.
Il legame con lui e la sua famiglia è fortissimo. Addirittura dai tempi di papà Aldo, che seguivo da tifoso e con il quale giravo all’inizio della mia esperienza lavorativa. A Roberto mi legano amicizia, affetto e stima che vanno oltre tutto. È un grande presidente, un collante, carismatico, umano. Uno che soffre e piange. Squadra e tifosi questa cosa l’avvertono. E fa la differenza. Senza la loro famiglia, nessuno di noi sarebbe qui.
Io e Roberto abbiamo chiuso un cerchio. Abbiamo riportato la squadra in A con S.Bernardo sulla maglia. Ora lo sanno tutti, arrivasse qualcuno con possibilità maggiori delle mie, sono disposto a fare un passo di lato. Per il bene della società. Scelta d’amore. L’ho imparato con mia figlia: potre sembrare un po’ geloso quando con il fidanzato, ma in realtà sono contentissimo del fatto che lei sia felice. Detto questo, da idealista quale sono, spero di rimanere su queste maglie per sempre.
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