Cagnardi: «Cantù, hai margini di crescita»

Intervista «Siamo work in progress, stiamo costruendo delle certezze. Però, vista l’identità tecnico e tattica, si può dire che ci siamo»

A spasso con Devis Cagnardi. In un’assolata e fredda mattina di fine novembre. Alla scoperta del coach e dell’uomo. Lui che, se ancora deve e vuole conoscere quello che lo circonda a livello d’ambiente, ha già misurato centimetro per centimetro e pesato chilo per chilo del mondo Pallacanestro Cantù. Proviamo a fermarci un attimo, alla vigilia della fine del girone di andata. Per un primo, ma già significativo, bilancio.

Il livello di loading nell’avanzamento del suo lavoro a che valori è arrivato?

Ci pensavo giusto l’altra sera, a fine allenamento. E il tutto, ovviamente, era riportato alla gara di domenica a Vigevano, con tutte le difficoltà tecniche, di ambiente e di entusiasmo che ci proporrà.

Dunque?

Idealmente, andassimo là a fare il nostro, non potremmo e non dovremmo preoccuparci. E questo è il nostro obiettivo, tenendo conto che ci sono anche gli avversari. Però c’è un però...

Che è?

Il nostro vissuto di squadra che ha valori e numeri importanti per la categoria ha sempre dovuto fare i conti con i cambiamenti. Prima l’assenza di Cesana, poi quella di Baldi Rossi e quindi l’effetto benefico dell’arrivo di Moraschini. Insomma, sono sempre stati nuovi inizi.

Cosa sta per dirci, coach?

Che lì, dove vorremmo essere, non siamo ancora arrivati. E questa non è la pretattica in vista di una singola gara, perché non avrebbe senso. Siamo alla ricerca di nostre sicurezze e di nuove attitudini, che solo un gruppo al completo potrà dirci quali siano. C’è tuttavia una cosa che mi dà un giusto grado di serenità.

E qual è?

Il fatto che abbiamo ancora tanti margini di crescita. E la cosa, per come sono io, è benzina pura.

Per cui, torniamo alla domanda iniziale: livello del loading?

Non che non voglia rispondere, ma non lo so. Siamo work in progress, stiamo costruendo delle certezze. Però, vista l’identità tecnico e tattica, si può dire che ci siamo. Anche se sarà difficile quantificare la chimica tecnica di quando saremo al completo. Nello sport, soprattutto nel nostro, non è detto che la somma dei singoli faccia il totale.

Un’estate fa dove s’immaginava oggi?

Difficilmente creo un’immagine su me stesso. Più semplicemente penso all’obiettivo finale, al risultato del lavoro del gruppo. Va bene se vi dico che mi pensavo - e mi penso - la pedina di un gruppo con in tasca la promozione alla fine della stagione? Risultato, ovvio, di un “di tutto e di più” fatto insieme al nostro gruppo.

E in questo “di tutto e di più” ora si sente diverso rispetto soltanto ad agosto?

Diverso, no. Quando fai questo lavoro, qualunque ruolo tu abbia, ti metti a disposizione anima e corpo. E la partita, il nostro fine ultimo, non è che il risultato di un lavoro alle spalle che è sempre il doppio o il triplo di quanto si possa pensare.

Nell’osmosi gruppo squadra-allenatore è più quello che ha dato o ricevuto?

Tendo sempre a prendere tutto quello che mi si dà, perché lo considero un arricchimento. Anche da questo gruppo, che è molto trasversale e che ha una caratteristica: fin da subito sta, anzi stiamo, spingendo perché la squadra funzioni. Di certo i ragazzi si mettono a continua disposizione e ciò me li fa conoscere sempre meglio, oltreché apprezzare.

Fattore positivo, quindi?

L’approccio del gruppo è stato molto propositivo, sto imparando parecchio. Riconosco che i ragazzi si sono messi a disposizione dal punto di vista tecnico e umano. E dopo il primo periodo di ambientamento, la ricerca si è incanalata nel verso giusto. Dovevamo tutti capire come incontrarci. Non è - e non è stato - difficile, anche se complesso. Ci siamo calamitati gli uni verso gli altri, ed è stata la fortuna.

Anche nei momenti più difficili?

Difficili difficili non ne abbiamo ancora incontrati. Perché contro Treviglio abbiamo perso sbagliando l’ultimo tiro, dopo i primi veri giorni insieme e senza Cesana. E perché contro Agrigento è andata male in contemporanea allo stop di Baldi Rossi e dopo un viaggio interminabile. Ma in entrambe le situazioni la reazione è stata immediata. Come ci è spesso capitato all’interno di singole partite, quando siamo riusciti a rientrare dopo break negativi anche rilevanti. Questa è una delle nostre caratteristiche, una capacità importante: credere, cioè, a quello che stiamo facendo.

Quanto è lontana Cantù da Agrigento?

Posso fare una premessa?

Prego...

Che non abbia, magari, troppa esperienza ad alto livello penso sia un dato incontrovertibile. Che nemmeno possa paragonarmi al mio predecessore è addirittura conclamato, oltretutto sarebbe assai irriverente nei suoi riguardi. Ma c’è un ma.

Quale sarebbe?

Qualche avventura cestistica diciamo l’ho avuta anch’io, non sono di primo pelo. A Desio, ad esempio, c’ero già stato da capo allenatore, e di una squadra di serie A. So cosa significa, anche per via di quell’esperienza accumulata a Reggio Emilia.

Dove vuole portarci, coach?

A dire che Cantù sarà di un’altra caratura rispetto ad Agrigento quando finalmente sarà tornata in A. Logico, il modo di vivere il campionato e le ambizioni è diverso, ma fino adesso siamo ancora nella stessa serie. E nelle ultime due stagioni, Agrigento ha battuto altrettante volte Cantù. Emotivamente si vivono identiche situazioni, le distanze, per adesso, non sono così marcate come si pensa.

Un discorso che, allora, può valere per il campionato, visto che ha già incontrato dieci avversarie su undici e l’undicesima sarà domenica...

Innanzitutto, da questa parte si può dire che ci sia un tipo di pallacanestro molto aperto. Con squadre che, anche al di là del divario tecnico, giocano senza remore e non considerandosi troppo inferiori. Non so se sia una bene. L’altro girone pare differente. Nel nostro, fin qui, mi sta piacendo molto la Juvi Cremona, alla fine, però, mi sembra che i valori siano in linea con le

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