«Cagnardi è serio e continua ad avere la nostra fiducia»

Arrigoni, membro del cda della Pallacanestro Cantù: «Moraschini metta l’esperienza e la sua duttilità al servizio della squadra»

Non ama fare il turista, troppa fatica, e questo è risaputo. Ma non può sottrarsi dalla richiesta di porsi quale guida per curiosi all’interno di quell’ingarbugliato reticolo di vicoli senza apparenti vie d’uscita lungo le quali la Pallacanestro Cantù sembra essersi smarrita. Bruno Arrigoni, del resto, qualora occorra comprendere alcuni risvolti legati a questa benedetta (o maledetta) palla a spicchi che ultimamente in terra di Brianza ha dei rimbalzi irregolari, è (o meglio, resta) il referente più adeguato al quale rivolgersi. Detto, fatto.

È stato allenatore, dirigente sul campo e ora nel consiglio d’amministrazione. Insomma, la sua visione è a 360 gradi e allora ci risponda: come siamo messi a Cantù?

Una premessa. Alcune volte mi sento come un soprammobile che va spolverato, altre come una persona di una certa età che invece viene rispettata per ciò che ha fatto e per le idee che esprime. Di certo rappresento una sorta di trait d’union tra la pallacanestro che era e quella che è. E cerco di rendermi utile senza mai acuire le tensioni.

Tensioni, appunto: in questo momento storico catalizzano l’attenzione da queste parti.

Comprensibile, visto che per due anni non siamo riusciti a tornare in serie A e che ora il momento è decisamente complicato. Dunque, tutto comprensibile.

Ma che sta succedendo?

Intanto, un passo indietro. Dall’inizio dell’anno il gruppo squadra inteso nel suo complesso è sembrato coeso e affiatato, pur avendo affrontato alcune problematiche.

Tipo?

La squadra è stata allestita secondo i dettami di Meo Sacchetti, ovvero corta e con l’asse play-centro americano. Poi ci si è adoperati per cercare di migliorarla e da lì il lungo corteggiamento a Moraschini. Sul conto di un organico che per scelta dell’allenatore era ridotto all’osso si sono aggiunti gli infortuni. Insomma, non benissimo.

Non benissimo i risultati più recenti, ovvero le diverse sconfitte.

Che però vanno lette. Gli ultimi due quarti a Chiusi sono stati alquanto deprimenti, mentre contro Forlì la squadra ha dato prova di energia e di voglia di battersi. Purtroppo ha anche commesso tanti errori e nessuno può chiamarsi fuori perché ognuno ha fatto i suoi. Nel finale abbiamo avuto i palloni per vincere e li abbiamo buttati via. Inoltre, in precedenza, sul +6, avremmo dovuto essere più lucidi per dare lo strappo definitivo alla partita.

Da fuori, l’impressione - osservando atteggiamenti e linguaggio del corpo - è che ci siano alcuni giocatori con la piva, ovvero con i musi lunghi.

Ho viaggiato a Roma con la squadra, sono accanto ai ragazzi e ho notato un clima positivo, di ottimistiche aspettative. Voglio dire, non mi sembra vi sia a priori della negatività in squadra.

Perdoni, ma ad esempio Moraschini non sembra felicissimo.

Riccardo arriva da un periodo difficile della sua carriera, ma deve comprendere che questa di Cantù è per lui l’occasione del rilancio. Le sue qualità credo non si discutano. Deve rendersi conto che siamo in A2 e che deve essere di supporto ai compagni.

Che intende dire?

Che all’interno di questo gruppo non deve essere utile, ma di più. Non gli si chiede di fare la prima punta, bensì di mettere la sua esperienza e la sua duttilità al servizio della squadra. Sia più paziente con se stesso perché - disgraziatamente - nello sport non ti regala niente nessuno e bisogna conquistarsi tutto. Nel suo caso, riconquistarsi. Gli chiediamo di essere esemplare.

E le richieste nei confronti degli altri giocatori per provare a uscire dal tunnel?

Di togliersi talune scorie dalla testa e di rendersi disponibili a fare qualcosa di più.

In che senso?

Di non limitarsi al compitino, ma di azzardare anche a provare ciò che è al di fuori dalle proprie corde. Insomma, uscire dal seminato o, se vogliamo, non limitarsi a percorrere sempre lo stesso binario.

Capitolo allenatore. Davvero coach Cagnardi gode ancora della vostra fiducia?

Della mia di sicuro, ma - sono certo - anche di quella degli altri. È una persona seria, dalla professionalità inappuntabile. Quando parla difficilmente dice banalità e non cerca di ingraziarsi la gente. È competente, serio e appassionato.

Il problema, dunque, è che guida una squadra che lui non avrebbe concepito in questa versione?

Allena su una piattaforma tecnica diversa da quella di Sacchetti, su questo non ci piove. Ma Meo aveva espressamente voluto Devis proprio perché così diverso da lui, ritenendo fosse un plus la loro complementarietà.

Nella conferenza stampa post Forlì, il coach ha fatto cenno a una presunta “cappa canturina”. A suo avviso, che intendeva dire?

Che la squadra è come fosse sospesa da una parte tra un passato glorioso che pesa anche se non dovrebbe farlo e un presente costituito da quella meraviglia del progetto per la nuova arena riguardo al quale la compagine societaria che se ne sta rendendo autrice ha meriti grandiosi.

Intende che la squadra non si sente all’altezza dinnanzi a tutto ciò?

Quello che è stato il passato non deve essere la pietra di paragone. Serve per incoraggiare, non per mortificare. I giocatori sono di alto livello per la A2 e competitivi con gli altri team più qualificati. La squadra, di riflesso, è forte, ma non la più forte in assoluto e a prescindere. Perché l’ultima parola spetta sempre al campo. È questo che il nostro ambiente dovrebbe comprendere. Insomma, la A2 non è il campionato di Cantù? La realtà racconta però

che in A dobbiamo ancora arrivarci. E non per diritto divino.

Perdere il secondo posto sarebbe deleterio?

Eh, insomma... Tra seconda e terza piazza si ribalta l’ottica delle serie playoff “casa-fuori”.

E, verosimilmente, ti consegna pure le avversarie più toste.

Quest’aspetto non mi sembra rilevante, nel senso che ormai conosciamo in ogni dettaglio le qualità delle nostre potenziali rivali. E non c’è da star lì troppo a sottilizzare perché da Forlì a Bologna, da Trapani a Udine, per non dire Torino e chissà chi altra, il livello è buono in maniera diffusa. Il momento attuale però per noi è complicato e questo tende a indurci a una certa negatività. Ma c’è tempo e non esaspererei oltremodo perché la stagione si deciderà più in là.

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