«Cantù, un bel clima. E grazie a Brienza siamo a buon punto»

Santoro, general manager dell’Acqua S.Bernardo: «Sorpreso dalla disponibilità al lavoro di tutti. La nuova Arena sarà storia»

Ormai ci siamo. Il giorno del nuovo esordio in serie A è più vicino di quanto si pensi. Ce ne si accorge dai ritmi della vita di tutti i giorni che si fanno più frenetici. Non sfugge a questo ambaradam Sandro Santoro, gm dell’Acqua S.Bernardo Cantù. Che ha però il pregio di essere sempre vigile e lucido. Anche nei momenti più complicati.

Mancano otto giorni e due test prima del campionato: a che percentuale del loaded è Cantù?

Siamo a buon punto grazie all’ottimo lavoro di Brienza, dello staff tecnico, della squadra e dello staff sanitario che hanno sviluppato tutto ciò che era ed è necessario per presentarsi all’inizio del campionato nella migliore condizione tecnica, fisica e atletica. Una percentuale non credo si possa dare, perché la risposta alle sensazioni positive che ci sono, come sempre, la darà il campo e gli avversari che affronteremo a partire da Trento il 5 ottobre.

Una squadra che propone il 60% di novità di che tempi ha bisogno?

Abbiamo cominciato a lavorare il 20 agosto e pensare che 45 giorni di lavoro, considerando addirittura che qualche giocatore è arrivato una settimana dopo, siano sufficienti per dare o avere giudizi definitivi credo sia complicato oltre che difficile. Il nostro sarà un percorso che durerà tutta la stagione e ogni giorno, settimana o addirittura mese saranno necessari per migliorare il potenziale in corsa. Non si è mai da subito al 100%, ma quest’ultimo resta l’obiettivo a cui una squadra deve ambire se non ci si vuole accontentare.

Come è l’inserimento dei nuovi?

Devo dire che è stata una piacevole sorpresa e credo vada al merito di Brienza e dei giocatori che sono stati con noi la scorsa stagione: hanno consentito di rendere il rapporto e la convivenza con i nuovi molto più positiva di ciò che si può aspettare in questi casi. Vedo un clima molto positivo e questo accelera il processo di trasformare un gruppo nella squadra che vogliamo essere.

Cosa lo ha sorpreso di più a livello di collettivo?

Certamente la disponibilità al lavoro di tutto il gruppo squadra, che è la cosa che ci consente di essere ottimisti, ma questo non significa che sarà facile, anzi il contrario. Meglio aspettarsi di dover affrontare numerose difficoltà, questo potrà dare maggior valore alle soddisfazioni a cui dobbiamo aspirare.

Avere due colonne del calibro di Moraschini e De Nicolao che partono da dietro che vantaggi può dare?

Quando parlavo di facilitatori per l’ambientamento dei nuovi mi riferivo proprio a loro, perché Basile e Okeke sono ancora troppo giovani per affidare loro un ruolo di questa rilevanza oltre al basket giocato. L’impatto di Riccardo e Andrea nel processo di ambientamento dei nuovi è stato importante. Essere diventato capitano per Riccardo significa molto per lui e per noi e che lui stesso possa contare sul supporto di Andrea completa un quadro che ha generato risultati palpabili emotivamente oltre ai vantaggi tecnici sul campo.

La serie A è tutto un altro… gioco. Come ci si abitua nella maniera più veloce possibile?

Direi che, oltre a quello che ci portavamo dietro come dote, abbiamo inserito in squadra giocatori che possono dimostrare di avere diverse qualità dal talento alla leadership, dall’atletismo alla fisicità e al modo di interpretare l’idea di pallacanestro del nostro coach. Bortolani, Gilyard, Sneed, Bowden, Ballo e Ajayi credo rispondano alla domanda, ma rapportando tutto al nostro obiettivo di far bene e nel modo più veloce possibile proprio perché chi inizia bene è a metà dell’opera.

Dicevano che Bowden non difendesse: pare stia dimostrando un buon adattamento, però…

Agiamo sempre in base a quello che vediamo, percepiamo e immaginiamo prima di fare qualsiasi scelta. Jordan aveva bisogno di una chance e noi crediamo di poter essere questo per lui. E mi sembra che sia bravo anche difendere, ma dobbiamo attendere le risposte definitive del campo per un periodo più lungo rispetto a ciò che abbiamo visto fino ad oggi che è molto più positivo di quello che immaginavamo.

E Bortolani, che è arrivato a Cantù soprattutto per lei?

Nel mio ultimo anno a Brescia dichiarai che Giordano aveva davanti a sé una carriera radiosa e ne sono convinto per l’esperienza che ha maturato in questi anni. Allora era un ragazzo con un talento fuori dal comune, oggi è un giocatore molto più esperto che deve prepararsi a essere protagonista di questo campionato. Lui ha rappresentato la nostra opportunità e noi per lui siamo la stessa cosa. Il suo percorso ricomincia da Cantù, non per caso, e io ne sono particolarmente felice perché abbiamo un lavoro che va completato dopo essere stati insieme quell’anno a Brescia.

Si è passati al centro vecchio stampo, di presenza e sostanza. Come mai?

È una scelta che con Brienza abbiamo avuto nella testa da subito. Avere piccoli di talento e con leadership come Gilyard consiglia di aver un lungo che chiudesse l’area, ma non è solo questo perché Oumar Ballo fa tanto altro per la sua incredibile mobilità nonostante una stazza considerevole che volevamo e con lui abbiamo trovato. La complementarietà di Okeke chiude il cerchio, ma dobbiamo proteggere entrambi dalle insidie che presenta la serie A. Siamo fiduciosi e dobbiamo trasmettere al reparto ancor più fiducia, perché ci sarà bisogno di tempo per cogliere e capitalizzare tutto il potenziale.

Non la preoccupa il settore con l’età media così bassa?

Viviamo in un mondo la cui modernità ha accelerato tutti i processi, compreso quello di crescita di ogni giocatore. Si può scegliere di andare su giocatori esperti, ma, probabilmente meno bravi, o su giocatori bravi che possono e devono fare esperienza. Se il riferimento è a Ballo, lui è bravo punto e l’esperienza la farà con noi. Per il resto c’è solo da lavorare ed è ciò che lui sta facendo con il massimo del’impegno, condito anche da una buonissima qualità visibile anche in partita.

Un primo filotto più che positivo con avversarie che potremmo definire della stessa fascia di Cantù. E tutto è andato bene…

Sensazioni positive in questo caso, ma dobbiamo considerare il precampionato per quello che è. Diffidiamo che chiunque in un campionato come la serie A possa rinunciare alla lotta. Fare programmi o classifiche oggi è pericoloso, meglio prepararsi a lottare contro chiunque.

Poi sono arrivate Bologna e Venezia e l’asticella si è improvvisamente alzata. Cosa insegnano gli ultimi due test?

Che non dobbiamo guardare i nomi o il blasone delle squadre che dovremo affrontare. In A si può vincere e perdere contro chiunque e questo lo sanno bene anche Milano e Bologna che sono certamente le squadre più attrezzate. Siamo Cantù e siamo abituati ad un grado di sofferenza che, in 4 anni di A2, ci ha consentito di comprendere che ogni cosa si può conquistare purché non manchi coraggio, abnegazione e sacrificio.

Cosa si sente di garantire ai tifosi, che comunque vi sono sempre vicini?

Qualcuno diceva che ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano sempre e sono indispensabili. Noi insieme ai nostri tifosi vogliamo sentirci così e solo così avremo la possibilità di costruire qualcosa di ancor più speciale rispetto all’essere tornati in serie A.

Chi vincerà il campionato?

Noi no. Al di là della battuta, avrei qualche idea, ma non voglio portare sfortuna a nessuno.

E Cantù dove la troveremo?

Nella nuova Arena che è e sarà la più grande vittoria della storia di Cantù. Il resto della storia bisogna scriverla sul campo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA