«Cantù in Serie A è un ritorno a casa. Io? resto a Dubai»

Abass: «Mi ha colpito vedere a Desio così tanti nuovi giovani tifosi: un bel segno»

Gli anni - i suoi, per intenderci - sono 32. Nove, invece, quelli in cui non gioca più per Cantù (ultima partita il derby casalingo contro Varese il 4 maggio 2016, fine del rapporto con il club il 29 giugno). Da lì in poi, un biennio dapprima all’Olimpia Milano e poi a Brescia, un quadriennio alla Virtus Bologna e, infine, una stagione - l’ultima in ordine cronologico, ovvero quella terminata di recente - a Dubai.

Awudu Abass, comasco di Camerlata, lo si è rivisto in zona la sera di gara-3 di finale per la promozione in A tra Cantù e Rimini. Anzi, nell’occasione era proprio sugli spalti del PalaDesio.

Cosa l’ha spinta in Brianza?

Intanto l’importanza della partita e poi perché nei vari staff dell’Acqua S.Bernardo ci sono ancora diversi personaggi che già erano presenti ai miei tempi e che avrei ritrovato molto volentieri. Ho preso la palla al balzo: salutarli tutti assieme in un momento speciale. Molto bello.

Cos’ha percepito quella sera a palazzo?

L’incredibile passione. E mi ha colpito vedere tanti tifosi nuovi. Un ricambio generazionale che è una gran cosa perché significa che l’amore per la Pallacanestro Cantù non tramonta mai, restando sempre attuale. Un must. Un sacco di supporter giovani che davvero non m’aspettavo. E quell’impianto che ribolliva di pubblico e di passione mi ha fatto tornare con il pensiero ai tempi dell’Eurolega. Grande atmosfera, anche se ora era “solo” il campionato di A2.

In effetti, lì dentro, lei aveva messo piede per la prima volta in Eurolega, ormai 13 anni or sono.

Il debutto, in realtà era avvenuto in trasferta a Mosca, ma il battesimo in casa avvenne niente meno che al cospetto del Real Madrid. Non me l’aspettavo proprio di entrare in campo contro un’avversaria del genere e anzi era pronto a godermi la sfida in ciabatte dalla panchina. Poi coach Trinchieri mi fece cenno di entrare... Quella notte non ho preso sonno, l’adrenalina non voleva saperne di lasciare il mio corpo.

A proposito di palazzetti, tempo fa ebbe a dire che “il Pianella resta la mia seconda casa”. La pensa tuttora così?

Certo. Quello è stato un posto speciale non solo per me, ma per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di “frequentarlo”. Lì dentro io ho trascorso veramente tanto tempo. E se sono quello che sono oggi, a livello personale e professionale, lo devo moltissimo al Pianella. Giocarci da avversario, poi, per me è stato parecchio complicato.

Che significa il ritorno di Cantù in serie A?

Che, finalmente, una squadra storica della nostra pallacanestro si ritrova là dove merita d’essere. Dentro casa. Mi ha fatto strano in tutti questi anni vedere Cantù in A2. Un po’ come nel calcio rinvenire Juventus, Inter o Milan in serie B. Non esiste.

Quando lei se ne andò dalla Brianza, molti tifosi non la presero bene. Ritiene che quella ferita sia ancora aperta?

No, non avrebbe senso. Normale che allora una parte della tifoseria non avesse preso bene la mia decisione di lasciare Cantù per andare a Milano. Ma il mio obiettivo era di giocare in una squadra di Eurolega, e allora l’unica italiana a farlo era appunto l’Olimpia.

Ebbe anche a dire: “mi sentivo come quando saluti un parente sapendo che non lo rivedrai più”. Ora, invece, che l’ha rivisto dalle tribune pensa che un giorno potrò ritrovarlo anche sul campo quel parente?

Sinceramente, non ci sto pensando perché sono sempre stato uno che bada solo al presente. Ora ho l’obiettivo fisso di far bene in Eurolega. Per il futuro si vedrà, ma non si chiudono mai le porte a priori. È prematuro, insomma, pensare adesso al dopo.

Ha 32 primavere sulle spalle: per quanto tempo ancora crede possa proseguire la sua carriera?

Mi sono sempre allenato forte e ho sempre curato il mio fisico. Gli infortuni sono stati “pesanti”, ma essere tornato a questi livelli - solamente io credevo che ci sarei riuscito, mentre l’ambiente attorno era alquanto scettico - mi inorgoglisce e voglio godermelo il più a lungo possibile questo momento. Diciamo che ho appena avviato la seconda parte della mia carriera per cui ancora non ragiono riguardo a quando potrei smettere.

Intanto ha da poco concluso la sua prima stagione con la maglia del Debai Bc negli Emirati: com’è andata?

Direi bene. In Aba League (le Lega Adriatica, ndr) il nostro cammino si è interrotto all’altezza delle semifinali nella serie al meglio delle tre partite con il Partizan Belgrado che abbiamo perso 2-1. Il rammarico è di aver giocato “così così” quella serie, ma della stagione nel suo complesso non posso che essere soddisfatto. Eravamo un gruppo di giocatori che mai aveva giocato insieme e dal nulla abbiamo costruito qualcosa d’importante. E il prossimo anno saremo in Eurolega.

Quindi resterà a Dubai?

Ho un triennale, di certo non mi muovo.

Si era parlato di un suo possibile ritorno a Milano...

Indiscrezione destituita del benché minimo fondamento.

Vive lì con la famiglia?

Sì, ed è anche per questo che non ho alcuna intenzione di muovermi. Perché non sposti la famiglia da un posto del genere dopo solo un anno. Tra l’altro ci troviamo molto bene in città e siamo contenti della scelta fatta. Questo è un Paese che fa molto per le famiglie e che tende a favorirle.

Significa che dopo Maya (5 anni) e Celine (1 anno) si prospetta un terzo arrivo in casa Abass?

No, per ora va bene anche così...

Non è preoccupato di vivere in quell’area geografica proprio adesso che i venti di guerra si sono fatti molto più che minacciosi?

Preoccupato no, ma certo non sono felice per la situazione che si sta sviluppando a livello internazionale. Di sicuro tutti questi conflitti non possono lasciare sereni. E neppure indifferenti.

E i suoi genitori che dicono?

I miei sono felici perché mi vedono felice. Anzi notano la felicità di tutta la mia famiglia.

Due prodotti del vivaio canturino, entrambi comaschi, sono ora ai massimi livelli e possono essere ritenuti tra i giocatori italiani più forti. Ma chi è lo di più tra lei e Gabriele Procida?

Chi sono io per poter rispondere? Anche perché non mi piace in generale esprimere giudizi sugli altri. Di certo so solo che alla base di tutto c’è il settore giovanile canturino. La scalata per arrivare così in alto non è semplice, come pure non è semplice confermarsi ad alti livelli. Lui e io, però, ce la stiamo facendo.

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