
Pallacanestro Cantù / Cantù - Mariano
Venerdì 27 Giugno 2025
«Cantù in serie A mi ha commosso. Ora però voli bassa»

Un quarto di secolo fa, proprio a cavallo del nuovo millennio, la Pallacanestro Cantù sopravviveva come tale solo grazie alla “mano santa” di Franco Corrado che pigliava per i capelli un club sull’orlo dell’estinzione con l’incombente - anzi in realtà ormai già data per acquisita - cessione del titolo sportivo a Pesaro. Si approssimava la stagione 1999-2000 e grazie al commercialista piemontese trapiantato in Brianza, Cantù avrebbe ancora potuto godere della “sua” pallacanestro. Da ormai un decennio il patron non è più tra noi, ma il ricordo di quelle sue nove stagioni da proprietario sopravvive nel figlio Alessandro, a quei tempi a fianco del babbo nella conduzione della società sportiva e poi pure presidente.
Che effetto le fa e che emozione le suscita il ritorno della Pallacanestro Cantù nel massimo campionato?
Intanto, non nascondo di essermi commosso al termine di gara 3 con Rimini. Ero a Desio quella sera e qualche brivido lungo il corpo l’ho sentito. Ha rischiato di non chiuderlo quel match e per un attimo ho temuto, intravedendo spettri del passato. Ma poi è andata come doveva andare, perché l’esilio in A2 era durato sin troppo a lungo affinché dovesse prolungarsi ulteriormente. Cantù è la serie A, punto e basta. E ora rieccola lì ad accomodarsi al posto che le compete e spetta per storia, gloria e tradizione. Ma questi quattro anni sono stati davvero tanto lunghi.
Hanno segnato anche lei?
Provato di sicuro. Le due finali perse, quella gara-5 a Casale, qualche alto e basso di troppo perché la A2 non è semplice da aggirare. Pure quest’anno che la S.Bernardo era data - ancor più del solito - favorita per vincere il campionato, ha perso per strada un sacco di partite anche con talune avversarie decisamente inferiori. Per fortuna, però, tutto è bene quel che finisce bene. E per noi canturini è terminato quest’incubo. Inoltre...
Inoltre che?
Si è risaliti al piano alto con la prospettiva ormai imminente di poter tornare a giocare nella nostra città poiché il nuovo palazzetto procede spedito. Quell’impianto restituirà respiro e vitalità a questa città.
La proprietà Corrado non si è mai confrontata con il passaggio dalla A2 alla serie A.
Vero, però, stavamo rischiando di fare il passo al contrario... Cara grazia, però, non siamo scesi.
Come si costruiva allora la squadra, stagione dopo stagione?
Innanzitutto va premesso che gli americani firmavano soltanto contratti annuali perché il loro pensiero era il seguente: se gioco male, i soldi che prendo qui li percepisco tranquillamente da un’altra parte, mentre se gioco bene allora vado a monetizzare altrove.
Più di uno straniero, però, siete riusciti a rinnovarlo anno per anno.
Vero, perché se la differenza economica di un ingaggio in un’altra piazza non era particolarmente significativa, allora restavano qui volentieri perché in fondo al 10 di ogni mese i loro soldi - pochi o tanti - li prendevano garantiti. E in più qua stavano bene. Poi chiaro che se arrivava la mega offerta mica li potevi trattenere e così a Siena, ad esempio, per dire di una potenza sono finiti Stonerook, Kaukenas e Thornton.
Sul mercato la proprietà quanta voce aveva in capitolo?
Era tutto nelle mani del ds Arrigoni e del coach. Noi si diceva loro quale fosse il budget a disposizione e loro agivano di conseguenza. Sulle scelte dei giocatori non mettevamo becco, perché ovviamente non avevamo la competenza degli esperti. Però ricordo un aneddoto di quando papà cercò di intervenire...
Dica.
AllaF8 di Coppa Italia a Forlì, Kaukenas - che aveva un contratto alto per noi, anche perché in euro - disputò una partita straordinaria contro Siena nei quarti e mio padre andò da Arrigoni per suggerirgli di fargli subito sottoscrivere il rinnovo visto che sul posto c’era anche il procuratore del lituano. Bruno cercò di intavolare il discorso, ma l’agente lo stoppò subito dicendogli che Rimas aveva in pratica già firmato per Siena la stagione successiva a una cifra tre volte superiore alla nostra.
Curiosità: in media quanto vi costava una stagione?
Di costi fissi, ovvero della gestione della società, circa un milione e mezzo di euro. Quanto al monte ingaggi - inclusi giocatori e staff vari - si poteva andare dai 2 milioni e mezzo ai tre milioni. Complessivamente, dunque, attorno ai 4,5 milioni.
Le chiedessimo di dare un consiglio all’attuale managment della Pallacanestro Cantù, se la sentirebbe?
Direi di non lanciarsi in promesse e proclami, di partire volando basso.
L’attuale Pallacanestro Cantù è una sorta di multiproprietà, ma nel basket attuale ci sarebbe ancora spazio per gestioni familiari come erano state le vostre?
Intanto dico che quello sta facendo la Cantù attuale è una sorta di miracolo sportivo perché essere riuscita a far confluire così tanti partner non è affatto semplice. Quanto alla domanda, rispondo no. O sei Armani e Zanetti (Segafredo, ndr), ovvero una potenza a livello economico, oppure non hai futuro.
Voi avevate riportato pubblico a palazzo ed entusiasmo tra la gente. Lo stesso che si è respirato nel finale di questa stagione a Desio con seimila presenze...
Quando si vince è più facile... Certo è che si sono ritrovati un sacco di tifosi. E sono stati bravi gli Eagles che in questi anni hanno allargato il loro bacino d’utenza.
Se suo padre adesso fosse qui, che direbbe?
Avendolo conosciuto un po’... direbbe che manca il manico.
In che senso?
Non in panchina, di sicuro. Papà era uno molto decisionista - con pregi e difetti che questo comportava - ma nelle sue scelte si è sempre saputo imporre. Facendo valere il comando. In una società con una proprietà così allargata farebbe fatica a ritrovarsi. Anche perché...
Perché?
Anche se siamo dinnanzi a una Spa, ci sono spesso delle decisioni immediate da assumere che non attendono i tempi di un consiglio d’amministrazione.
E dunque?
Forse servirebbe trovare una sorta di amministratore delegato, esterno all’ambiente, al quale fare un contratto di due anni, lasciando che si occupi della gestione senza essere legato a questo o quello all’interno del club. Insomma, estraneo alla cerchia. Un referente al quale affidarsi dandogli piena fiducia Perché la serie A è parecchio complicata. Ciò detto...
Aggiunga.
Devo riconoscere che sono stati bravi all’interno della società. Sinceramente, all’inizio non ritenevo che questo progetto così allargato potesse arrivare sino in fondo. Mi sono invece dovuto fortunatamente ricredere. E allora, tanto di cappello.
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