
( foto butti)
Basket A Il play dell’Acqua S.Bernardo è stato decisivo nella vittoria contro Reggio Emilia. «Quando il gioco si fa difficile, ci si aggrappa sempre all’esperienza di chi ci è gia passato »
cantù
Che mossa, coach Nicola Brienza. Contro Reggio Emilia, quando è stato il momento di serrare le fila, di cavar sangue dalle rape, ha rispolverato l’argenteria. Quella che aveva già in casa, quella più preziosa: i suoi veterani. Fuori gli americani in ombra, dentro gli italiani. E che gran finale, con la carica suonata da Andrea De Nicolao.
Il play, che quest’anno parte un passo indietro, alle spalle di Jacob Gilyard, si è preso tutta la scena negli ultimi 10’: ha firmato la tripla del sorpasso (64-63), poi ha piazzato il colpo del ko (83-78). Una sveglia suonata da un leader in campo e fuori. Non solo con i suoi punti, ma anche con una gestione oculatissima di ogni pallone.
«Era una partita complicata – spiega “Denik” -, con un peso specifico importante. La società teneva tanto a vincere la prima in casa dopo tanti anni, così come il pubblico. In queste partite, quando il gioco diventa difficile, ci si aggrappa sempre all’esperienza di chi ha passato tanti momenti così. Ma tutti eravamo ben consapevoli che sarebbe arrivato il momento di tirare fuori qualcosa in più».
E De Nicolao, di colpo, si è ripreso la scena nel palcoscenico che più ha calcato in carriera, ossia la serie A: «Era importante per tutti, ma non nego che a questo livello vincere così questa partita valga doppio. È stata una partita-spot: è un messaggio chiaro per la squadra. In A non si scherza, il livello è alto e la richiesta di attenzione deve essere sempre massima. In A, i dettagli fanno la differenza».
Una frase presa a prestito da Brienza, apparso stremato dopo la partita: «Ci credo, è stata una settimana molto intensa dopo il ko di Trento. Con questa vittoria, ci siamo tolti la “scimmia dalle spalle”. Abbiamo lasciato a terra qualche peso di troppo: ora serve divertirsi in campo e vincere più partite possibile».
Non è sfuggita la prova non eccelsa degli americani: «Sono praticamente tutti esordienti. Il campionato è tosto, non è facile adattarsi al volo. La pressione di dover sempre far bene si costruisce un po’ alla volta. Il coach è stato bravo a capire che in quel preciso momento serviva lucidità, inserendo chi queste sfide le ha vissute».
Tra l’altro, il bel finale di Cantù ha ricordato quello dei recenti playoff, con la squadra che dava il meglio di sé negli ultimi minuti: «Credo sia un caso, non è strategia. Quindi dovremo essere un po’ più solidi e cinici nell’arco dei 40’, non sempre si riesce a svoltare nel finale. E anche questo va costruito e allenato».
L’altro aspetto che la partita con Reggio ha messo in luce è il livello estremamente competitivo del campionato: «Occorre riallinearsi e riabituarsi tutti. Tolte Bologna, Milano e Venezia, le altre lottano per la salvezza e i playoff. Con due retrocessioni non ci sono squadre nel limbo. Trapani? La metterei nel gruppo di testa: ha esterni di grande talento e un coach di grande esperienza come Repesa».
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