
( foto butti)
Moraschini, esterno della Pallacanestro Cantù: «Mi sto godendo tantissimo la promozione. Bravi tutti a compattarci»
Monsieur de Lapalisse, uno che - per dirla alla Mourinho - non era un pirla, anche in questo caso, non avrebbe dubbi. «Questo finale di stagione mi è piaciuto molto di più dell’altro». E a dirlo, a ragion veduta, è Riccardo Moraschini. Al di là dell’esito della stagione, lui finì sul lettino del chirurgo. Ora, invece, oltre alla serie A, alza la coppa di Lnp.
L’esterno di Pallacanestro Cantù è stato senza dubbio tra i grandi protagonisti dell’esaltante stagione. E ha saputo, provare a chiedere ai riminesi in gara uno e due di finale per convincersi, piazzare le zampate nei momenti che più contavano. Il leader, insomma, che la S.Bernardo era andata apposta a sondare e ingaggiare. Un anno e mezzo fa.
Tantissimo. Soprattutto dopo quest’anno e mezzo di alti e bassi. La volontà era quella di salire, ma - come si sa - nello sport non c’è niente di scontato.
Bello. La pressione, qui a Cantù, è sempre stata tanta. Ma anche positiva, per amor del cielo. Un po’ si è fatta sentire. Nei momenti più delicati e difficili e in quelli decisivi.
Nel compattarci. Tutti avevamo tanta, troppa voglia di vincere. E di godersi l’estate al meglio.
Giusto così.
Quando c’è un po’ bisogno di stringere, da sempre l’esperienza paga. Talento e personalità devono per forza uscire e i giocatori più importanti hanno sempre qualcosa da tirare fuori.
Ho ben presto capito di stare bene e di avere una grande voglia di vincere e chiudere nel migliore dei modi.
Ci ha fatto capire cosa volesse dire vincere, cogliendo le occasioni. E come affrontare le partite importanti. D’altronde avevamo solo bisogno di convincerci di essere una squadra di talento ed esperienza. E che giocando così era praticamente impossibile perdere in A2.
È stato un punto di svolta, soprattutto per il momento che stavamo attraversando. Non era scontato dovessimo uscire in quel modo in uno che era a tutti gli effetti uno scontro diretto. I due punti allo scadere e con quel tiro ci hanno fatto bene.
La serie con la Fortitudo. È stata più importante di quanto si possa pensare.
Giocare subito nei quarti, con una squadra del genere, tanto fisica probabilmente quanto noi anche negli esterni, ci ha fatto capire cosa si doveva fare. Anche andare alla quinta, dopo il 2-0 per noi e le due sconfitte al PalaDozza, ha indicato quale fosse la strada. Avevamo finalmente impattato con i playoff e meglio non poteva essere. Pur con tutto il rispetto di Rieti, nel giro dopo, per noi è stato molto più educativo quanto fatto nei quarti contro una squadra, e lo ripeto, di una fisicità diversa dalle altre e davanti a un pubblico così caldo.
Siamo stati importanti nel far capire cosa servisse per vincere. Carattere e qualità a disposizione del gruppo, per arrivare lì, dove tutti volevamo. Non è un caso, probabilmente, che io De Nicolao si sia riusciti a girare le partite negli ultimi quarti a Rimini. Il messaggio era chiaro: esperienza e personalità in aiuto di tutti. E che dire di Baldi Rossi, con quel canestro in gara tre che più importante non si poteva?
Con lui ho molto legato, gli sono stato tanto vicino. Lui ha qualità offensive e un talento incredibile, ma questa è l’A2, e gliel’ho detto. La serie A è tutto un altro mondo. “Grant - gli ho spiegato - se riesci a limare il più possibile i tuoi limiti sarà tutto più facile”. Lui può fare quel salto, è un vero scorer. Molto pulito, naturale: a livello d’impatto ha sempre fatto il suo, pur con qualche prevedibile alto e basso. Sa che deve sempre lavorare per diventare ancora più forte.
Abbiamo giocatori che hanno già provato quell’esperienza, e qualcosa in più: ciò non può che fare bene. Così come bene ha fatto la società a puntare su uno zoccolo di comprovata qualità. Fattore che ha aiutato e che ha rappresentato la nostra identità.
Quindi possiamo continuare tranquillamente il percorso iniziato quest’anno. Abbiamo una solida base di italiani.
Non solo ho contratto, ma qui mi trovo molto bene. E mi farebbe piacere rimanere, anche per tanti dei discorsi che abbiamo fatto in questo anno e mezzo. A cominciare dalla nuovo Arena, sarebbe un piacere portare la squadra anche nel palazzo nuovo e farlo da protagonisti. Poi lo sport, un po’ come la vita, può disegnare pagine che credevi impensabili...
Lo ripeto. Io a Cantù sto molto bene e non ho dubbi sulla possibilità di rimanere. Anche perché mi piacerebbe diventare quel simbolo d’identità che mi ero prefissato di essere a inizio avventura. Se mi vogliono, ci sono.
Ci sono ancora un paio di impegni ufficiali ai quali tengo molto esserci. Diciamo che fino a sabato sera, massimo domenica mattina resto in zona.
All’inizio stacco del tutto, me lo merito. Poi lavoro. Mi piace molto farlo d’estate. E farlo a livello individuale. Non mi dispiace sudare, anzi. E provare qualcosa di nuovo, migliorando continuamente nei fondamentali. L’anno scorso, per via del percorso di riabilitazione, non sono riuscito, e mi è mancato. Questa volta mi divertirò.
Assolutamente no. Anzi, potessi, ne farei qualcuno in più. Mi hanno detto: “Più sono difficili e più tu fai canestro”. Tutto nelle mie corde, in fondo sono queste le responsabilità che dovevo e che continuerò a prendermi.
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