«Io, emigrante con il sogno della Nba»

Ecco Del Cadia, lungo italiano di scuola americana e ultimo acquisto della S. Bernardo Cantù. «Coach Cagnardi è stato chiaro: mi ha detto che c’è da fare tanto, per me e per la squadra. Sono pronto»

È giunta l’ora di italiano, per Edoardo Del Cadia. L’ultimo arrivato a Cantù, marchigiano di nascita, nei nostri campionati non ha infatti mai giocato. Figlio d’arte, ha studiato e giocato fin da giovanissimo tra Inghilterra e Stati Uniti. Ora, al termine del percorso universitario, vuol farsi strada in Europa. Prima tappa, Cantù.

Purtroppo, non sarà la prossima sfida contro Udine il suo battesimo. Un infortunio alla mano mentre era in prova a Trieste lo lascerà fuori ancora un po’: «Microfrattura alla falange del pollice, non ci voleva. Sarebbe bello – racconta - poter debuttare in gara 1 dei playoff, ma è più plausibile a metà serie. Non vedo l’ora».

Italianissimo, ma con una notevole parlata alla Dan Peterson, Del Cadia ha avuto un percorso particolare. È stato tra i primi italiani a costruirsi una carriera negli Usa: «Da Senigallia a Manchester, due anni per prepararmi al college. Prima tappa a Las Vegas, per adattarmi alla Ncca: un salto molto grande, ma coronato da buone statistiche in una città stupenda. Poi due anni a New Orleans, il primo duro perché mi sono rotto il ginocchio ed ero da solo. Il secondo anno, così così».

Poi un incontro importantissimo: «Mi ha chiamato Mike Davis, che presto entrerà nella Hall of Fame americana. Mi ha detto che mi avrebbe cambiato come giocatore, vedendo in me del potenziale. Mi sono fidato: con David a Detroit, personalmente, sono cresciuto tanto».

Una spinta verso l’estero caldamente consigliata dal padre Danilo: «Era stato all’estero, a Philadelphia, ma la nonna aveva nostalgia. Tornò e andò a giocare a Pesaro. Io ho sempre visto tanto basket da bambino, con il sogno della Nba. Papà mi ha spinto verso un percorso di crescita fuori dall’Italia».

Ora c’è Cantù, come debutto tricolore: «A Trieste ero in prova e mi sono infortunato. A Cantù mi hanno detto che vedono del potenziale in me. Il mio ruolo? Sono un’ala grande, ma posso anche giocare come centro perché con coach Davis ha fatto soprattutto questo negli ultimi due anni. Se serve tiro anche da fuori e a volte ho fatto anche il play…».

Venerdì ha visto la vittoria a Forlì, ora è a Cantù per cominciare ad allenarsi: «A Forlì ho visto una squadra, un gruppo che sta bene insieme. Sono rimasto impressionato da Baldi Rossi, per me è un grande leader. Ho parlato tanto sul pullman con Hickey, ho avvertito una connessione positiva». E Cagnardi? «Il coach è stato chiaro: mi ha detto che c’è da fare tanto, per me e per la squadra: trovo che questa sia un’ottima base di partenza. Vogliamo lavorare per un solo grande obiettivo».

Emigrato giovanissimo, di Cantù sa per i racconti del padre: «Tutti mi hanno detto che è un’occasione importante per me. C’è una grande storia, io penso di saper giocare e quindi sono pronto a dare il mio contributo. Spero di adattarmi bene, il grande passato di Cantù mi dà solo una grande carica, non pressione». E in futuro? «L’idea di base è restare a Cantù. Vediamo come andranno queste partite e ne riparleremo. Sono pronto a dare tutto».

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