«Sono Como e Genoa le mie famiglie. Bello vederle in A»

Braglia, doppio ex: «In una sono nato, nell’altra i momenti più importanti della carriera»

Dal settore giovanile del Como alla magica notte di Anfield, quel 18 marzo 1992 in cui indossò il mantello di Superman e, garzie alle sue parate, permise al Genoa di ottenere una leggendaria vittoria in Coppa Uefa in casa del Liverpool.
La partita Como- Genoa è la partita di Simone Braglia, il portiere che ha iniziato e chiuso la carriera da professionista proprio in maglia lariana, e che nell’intermezzo ha toccato tutti i campi di Serie A con la casacca del Grifone, oltre alla soddisfazione di venir acquistato dal Milan nella stagione ’97 – ’98, sotto la guida di Fabio Capello. In vista del match in programma domenica alle 15, lo abbiamo incontrato…

Simone, che effetto le fa vedere Como e Genoa sfidarsi in Serie A?

È una bella sensazione. Da un lato la squadra che mi ha fatto nascere come calciatore, grazie a persona che prima di essere allenatori erano veri e propri insegnanti, dall’altra il Genoa che è stata la mia Nazionale. Sotto un punto di vista prestazionale gli anni vissuti in maglia rossoblù sono stati senza dubbio i migliori della mia carriera.

Come sono stati i suoi inizi in maglia lariana?

A livello sportivo non semplici. All’inizio giocavo poco, avevo bisogno di tempo. Ho capito da subito cosa vuol dire fare fatica, e soprattutto quanto sia importante dimostrare di essere all’altezza prima di mettersi in gioco. Ho avuto la fortuna di crescere in un settore giovanile che, insieme a quello del Torino, era uno dei migliori in termini di plusvalore giovanile. Dagli esordienti fino alla Primavera, sono usciti nomi come Braglia, Invernizzi, Galia, oltre ovviamente al grande Stefano Borgonovo.

E a livello emozionale, cosa ha provato entrando in un ambiente simile?

È stata un’esperienza incredibile, perché è stata una famiglia. Avevo 13 anni: uscivo da scuola, mangiavo un panino, bevevo una coca cola, e poi subito sul pulmino con l’autista Angelo per andare a fare allenamento. Ci portava ai campi di Rovellasca e Orsenigo; la Primavera invece si allenava a Merone: eravamo tutti un po’ sparsi nei vari campi dell’hinterland comasco. Ero sereno: uscivo dalla mia famiglia e trovavo gente che sapeva valorizzare la mia passione e mi trattava come un figlio. Cito sempre la persona di Mino Favini che non finirò mai di ringraziare: è lui che mi ha sempre seguito, anche oltre il settore giovanile, consentendomi di fare esperienza a Pavia e nella SanBenedettese.

L’approdo al Genoa invece è arrivato in una fase in cui era più maturo…

Si, ma non c’è stata molta differenza. Esattamente come a Como, anche Genova è stata la mia casa. Da piccolo ogni anno, insieme ai miei genitori, trascorrevamo per tre mesi le vacanze estive a Celle Ligure. Quando sono arrivato mi sentivo già un genovese adottivo. Oggi paradossalmente sento più vicina a me Genova rispetto a Como, trovo un riscontro più sentito anche da parte della gente. Ovviamente la carriera nella due squadre è stata diversa. L’unico rammarico che ho è non aver mai potuto offrire a Como in serie A quanto fatto al Genoa.

Quanto è cambiato il calcio da allora?

Ci sono differenze macroscopiche. Come spiegavo all’inizio, i primi quattro mesi a Como feci sempre panchina, perché per arrivare all’esordio occorreva un iter molto lungo. Oggi dopo due o tre partite fatte bene gli allenatori rischiano e buttano alla ribalta tanti giovani, spesso non ancora pronti. Prima c’era più rispetto della formazione del giocatore nel tempo, oggi c’è più fretta. Inutile dire poi che il calcio odierno segue dinamiche aziendali legate a sponsor e diritti tv che contribuiscono ad alimentare questa tendenza.

Il Como può dirsi ormai salvo. Che tipo di stagione è stata?

Il progetto mi piace tantissimo. Penso davvero che il Como possa replicare quanto fatto dall’Atalanta nei prossimi cinque anni. Intravedo quella lungimiranza dove ognuno ha il suo ruolo, ben preciso. Questo è stato un anno in cui si è valorizzato tanto, sotto tutti i punti di vista. Una stagione che vale come esperienza: i progressi si vedono di partita in partita. Prevedo per la piazza grandi soddisfazioni, anche a livello internazionale.

Sia Vieira che Fabregas hanno avuto un impatto netto al loro arrivo. Vede dei punti di contatto tra i due?

Vieira ha ereditato una situazione. Gli va dato merito dei suoi risultati, ma il gruppo aveva già una sua omogeneità grazie a Gilardino. Fabregas invece ha creato un progetto. È il fautore di quello che sportivamente dovrebbe fare ogni società. Conosce i valori sportivi e ha fatto crescere giocatori che oggi, dopo solo una stagione, sono già diventati un patrimonio per il club. Non mi sento di esagerare a dire che è uno dei migliori tecnici di questa serie A; avrà un grande futuro. Il fatto che abbia le quote della società significa che crede davvero nel progetto, non è solo il contratto che lo lega al Como. È un imprenditore che valorizza la società. È un nuovo modo di pensare che trova la mia approvazione.

Nella sua carriera ha mai avuto allenatori simili a Fabregas?

Ognuno ha le sue caratteristiche ed è unico per questo. Un allenatore un po’ istrionico poteva essere Scoglio e la sua antitesi era Bagnoli che, pur non avendo l’espansività di Fabregas, sotto il punto di vista gestionale può essere accostato.

Di Butez che pensa?

Ero un po’ scettico all’inizio, confesso che non lo conoscevo. L’ho visto pronto sia nel gioco con i piedi, dove si prende qualche licenza di troppo, ma anche in porta ha fatto parate importanti. Riconosco il suo valore, deve maturare ma può diventare un ottimo portiere. Non so se fisicamente può reggere i grandi palcoscenici internazionali. Ma oggi il portiere è diventato un ruolo difficilissimo, anche da giudicare. Dipendesse da me, lo confermerei per la prossima stagione.

Come finisce domenica?

Dico pareggio. Sia Como che Genoa sono in una situazione di classifica talmente agiata che possono giocare senza l’assillo di vincere o perdere. Mi aspetto un match equilibrato. L’ultima partita in casa del Como, contro il Torino, mi è piaciuta molto. Verrò al Sinigaglia e spero di divertirmi.

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