Negretti l’americana: «Bello e anche difficile. Resto qui per crescere»

Pallavolo La giocatrice di Fino Mornasco ad Atlanta: «La lingua e la solitudine si sono rivelati due ostacoli. Ma è stata una bella esperienza. Che ripeterò subito»

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Da Fino Mornasco ad Atlanta per giocare la prima storica stagione della Lovb, la nuova lega americana professionistica di pallavolo. Beatrice Negretti, libero di 25 anni, ha concluso il suo primo anno degli Usa, dove è volata dopo la promozione dall’A2 all’A1 femminile conquistata lo scorso anno con Talmassons. Un sogno, quello americano, cullato fin da bambina e che, da novembre con la preparazione e poi da gennaio ad aprile con il campionato vero e proprio, si è finalmente concretizzato.

Esperienza

«È stata un’esperienza di vita incredibile – racconta –. Vivere in un altro paese fa crescere tanto, sotto tanti punti di vista. Avere la possibilità di farlo giocando a pallavolo è impagabile». Tante le differenze con l’Italia dove, seppur giovane, Negretti ha già giocato in piazze importanti come Busto Arsizio e Monza, oltre a Talmassons. Tra i limiti di una lega neonata e la classica spettacolarizzazione americana, si è trovata catapultata in un mondo totalmente nuovo. «Per loro era un anno zero, in cui testare e capire cosa funziona e cosa no – spiega –. Il limite più grande è stato la mancanza di una figura di riferimento per ogni squadra, in grado di risolvere i problemi, ma c’è comunque molto ascolto. Essendo al primo anno, la lega può decidere cosa vuole diventare. Sotto altri aspetti, è stato, invece, come me lo aspettavo. C’è stato anche un ottimo riscontro di pubblico».

Atlanta ha fatto una stagione al vertice, guidando la classifica dalla seconda giornata in poi. Purtroppo, però, nei momenti decisivi è sempre mancato qualcosa. «Siamo arrivate seconde in coppa e, purtroppo, siamo uscite in semifinale, su gara secca, nei playoff per il titolo – dichiara Negretti –. Nel momento difficile non siamo riuscite a chiudere la partita. Nella pallavolo non puoi dare neanche un dito alle avversarie. Ma è stato bello condurre la lega per tutto l’anno, anche se a livello personale speravo di trovare più spazio, che ci fossero più cambi all’interno delle gare».

Automatismi

In ogni caso, è stata un’esperienza arricchente e formativa. «In campo ho dovuto cambiare alcuni automatismi – spiega –. Banalmente, chiamare il pallone in un’altra lingua. Non è stato semplice. La lingua, poi, a volte è stata una barriera nelle relazioni. Mi mancavano i miei cari e ho fatto fatica a stringere nuove amicizie. Ho dovuto convivere con la solitudine e imparare a gestirla, ma non l’ho vista come una cosa negativa». Tanto che, per l’anno prossimo, spera di avere l’occasione della rivincita. «Non vincere la prima stagione mi ha lasciato l’amaro in bocca – conclude – Vorrei rifarmi e, magari, riuscirò anche a godermela di più».

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