
(ANSA) - ROMA, 16 SET - L'assedio delle attività umane nell'Amazzonia brasiliana negli ultimi 40 anni ha reso più fragile la più grande foresta tropicale del mondo, che con i suoi 421 milioni di ettari, occupa quasi la metà (49,5%) del territorio brasiliano. Un'analisi dei dati della serie storica di Mapbiomas sull'uso del suolo, rivela che tra il 1985 e il 2024 il bioma ha perso 52 milioni di ettari di vegetazione nativa, il 13% della sua copertura originaria, pari all'estensione della Francia. Allevamento e agricoltura sono tra i principali responsabili di questa situazione, mentre gli esperti avvertono che il polmone del mondo potrebbe presto toccare il punto di non ritorno.
L'indagine, basata su studi condotti a partire da immagini satellitari, indica che a determinare questa situazione, è stata l'avanzata dello sfruttamento del suolo, a partire dai pascoli, che nel 1985 occupavano 12,3 milioni di ettari, contro i 56,1 milioni del 2024. Anche l'agricoltura ha fatto passi da gigante, accaparrandosi un'area 44 volte più grande rispetto a 40 anni fa. Da 180mila ettari è passata a 7,9 milioni di ettari. E in proporzione, la presenza della silvicoltura è cresciuta anche di più - 110 volte - raggiungendo quota 352mila ettari dai 3.200 originari. L'estrazione mineraria poi, non ha fatto eccezione, seguendo la curva ascendente, con un balzo da 26mila ettari a 444mila nelle stesse quattro decadi. Un altro dato che richiama l'attenzione è la presenza della coltivazione della soia come principale tipo di coltura nel bioma, che rappresenta il 74,4% dell'intera area occupata dall'agricoltura in Amazzonia, per un totale di 5,9 milioni di ettari. L'analisi dei ricercatori indica anche una riduzione di 2,6 milioni di ettari delle superfici coperte da acqua - in particolare foreste e campi allagabili - con un'intensificazione del fenomeno nell'ultimo decennio, quando sono stati registrati otto dei dieci anni più secchi. Secondo il ricercatore Bruno Ferreira, di MapBiomas, "l'Amazzonia brasiliana si sta avvicinando alla fascia del 20-25% indicata dalla scienza come possibile punto di non ritorno del bioma". Un limite "a partire dal quale la foresta non è più in grado di sostenersi". E a questo proposito, evidenzia l'esperto, si possono "già osservare alcuni degli impatti, soprattutto nelle zone umide. Con le mappe che mostrano quanto la regione sia già più secca". (ANSA).
© RIPRODUZIONE RISERVATA