
Considerate santuari della biodiversità, anche le aree marine protette non sono immuni alla contaminazione da microplastiche : questi frammenti inquinanti e pericolosi sono stati trovati in tutte le 10 aree marine protette del Brasile analizzate, nonostante si tratti di riserve naturali cosiddette ‘ integrali ’, quelle più restrittive per quanto riguarda l’intervento umano.
Lo riporta lo studio pubblicato sulla rivista Environmental Research e guidato dall’Università Federale brasiliana del Rio Grande. Le microplastiche rinvenute provengono da vernici utilizzate sulle imbarcazioni, imballaggi di plastica, fibre sintetiche che arrivano in mare dopo aver fatto il bucato e rivestimenti antiaderenti. Per valutare la presenza di questi inquinanti, i ricercatori coordinati da Ítalo Braga Castro hanno utilizzato ostriche e cozze , considerate le sentinelle del mare . “ Si nutrono filtrando l’acqua di mare: se quell’acqua contiene contaminanti, questi bivalvi li tratterranno”, dice Braga. “Quindi, invece di prelevare campioni d'acqua, che variano continuamente, analizziamo i bivalvi perché accumulano inquinanti nel tempo – prosegue il ricercatore – e forniscono una cronologia più affidabile della contaminazione”.
I risultati indicano che l'inquinamento da plastica è presente anche nelle zone con le misure più restrittive in materia di tutela ambientale. “La sola creazione di aree marine protette non è sufficiente a fermare l’inquinamento – dice ancora Braga – se consideriamo che le microplastiche potrebbero arrivare da lontano, portate dall’atmosfera o dalle correnti oceaniche. Per mitigare questo fenomeno – conclude – solo misure globali come il Trattato globale sulla plastica attualmente in fase di negoziazione sotto il coordinamento del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente possono fare la differenza”.
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