Cantù, maxi condanna per l’ex assessore. Sette anni e mezzo a Giorgio Quintavalle

La sentenza Bancarotta, frode fiscale, false fatturazioni: confiscati anche tre milioni e mezzo. Per i giudici con il socio Claudio Ferrari faceva compravendite di terreni senza poi pagare il fisco

Cantù

Stringe mani, firma accordi, ricopre incarichi in federazioni affiliate al Coni e associazioni sportive. Ma per i giudici di Como tutto questo deve finire. E accadrà, se la sentenza letta ieri mattina dovesse essere confermata in Appello e in Cassazione. L’ex assessore canturino Giorgio Quintavalle è stato infatti condannato a 7 anni e mezzo di carcere, per tutta una serie di reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta all’autoriciclaggio, dall’emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Il processo

I giudici di Como non solo hanno condannato Quintavalle a una pena che, se confermata, aprirà inevitabilmente le porte del carcere all’ex assessore canturino, ma lo hanno anche condannato a una serie di pene accessorie che potrebbero costargli tutte gli incarichi per i quali Quintavalle è noto, non solo a Como. Ad esempio la presidenza nazionale della sezione salvamento della Federazione italiana nuoto. Infine i quasi 3 milioni e mezzo di euro sequestrati dalla Guardia di finanza nel corso delle indagini saranno confiscati.

L’indagine era sfociata, tre anni fa, in quattro arresti: quello della mente (presunta, anche se il diretto interessato ha patteggiato la pena) del sistema illegale Claudio Ferrari, canturino già assessore all’Ambiente sotto la giunta Sala ma residente a Vacallo, il suo braccio destro Quintavalle, potentissimo assessore allo sport all’epoca dell’amministrazione Arosio, l’immobiliarista Fabrizio Arnaboldi residente a Cantù e Luca Della Fontana, liquidatore e beneficiario - secondo l’accusa - di una serie di distrazioni di fondi.

Secondo l’accusa, rappresentata in aula dal pubblico ministero Antonia Pavan, Quintavalle e Ferrari attraverso diverse società attive in campo immobiliare acquistavano terreni a poco prezzo, per rivenderli con clamorose plusvalenze a gruppi della grande distribuzione, in tal modo realizzando ingenti profitti. Profitti sui quali veniva omesso il versamento di quanto dovuto al fisco. Il quale si muoveva con gli accertamenti tributari che però, una volta esecutivi, non portavano a nulla visto che le società stasse venivano spogliate del loro patrimonio, trasferito verso una serie di società anonime svizzere riconducibili agli imputati.

La “mente” Ferrari

Come detto, Ferrari aveva scelto la strada del patteggiamento a 5 anni di reclusione. Anche gli altri due arrestati avevano patteggiato, con pene ben più lievi.

Quintavalle, invece, aveva deciso di affrontare il processo per dimostrare la propria innocenza. Una scelta che, però, non ha pagato. Perché i giudici lo hanno ritenuto colpevole di tutti i capi d’imputazione. Soltanto per uno di questi, il reato di malversazione di erogazioni pubbliche, non è stato condannato. Ma neppure assolto: i giudici hanno infatti rimandato gli atti in Procura perché, a loro dire, il fatto contestato sarebbe diverso da come descritto nell’imputazione. Il che significa che i guai giudiziari, per lui, non sono finiti. E non lo sono neppure per Ferrari visto che altre società della galassia coinvolta nelle indagini sono state dichiarate fallite, il che - quasi certamente - farà scattare un’ulteriore indagine per bancarotta fraudolenta a loro carico. Così come è praticamente certo che i difensori di Quintavalle, gli avvocati Arnaldo Giudici e Antonio Macheda, faranno ricordo in Appello contro la condanna.

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