Contratti e permessi di soggiorno
Era tutto falso: in 24 dal giudice

Gli stranieri pagavano per comprarsi un finto posto fisso - La Procura chiede il rinvio a giudizio per i datori di lavoro italiani

Como

Restare in Italia? Facile: servono un contratto di lavoro e qualche euro, poche centinaia, quelle che bastano a instradare la pratica e a ricompensare l’uomo che la Procura ritiene la mente dell’organizzazione, tale Rafik T., tunisino di 51 anni da parecchio residente a Como, arrestato nel 2018 con le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falso e induzione in errore del pubblico ufficiale.

L’imputato comparirà davanti al giudice dell’udienza preliminare questa settimana, venerdì 21, e con lui ci saranno un elenco di cittadini italiani accusati di avergli fatto da prestanome, rendendosi disponibili a siglare contratti di lavoro agli stranieri come domestici, presupposto per il rinnovo o il rilascio del contratto di lavoro.

Tra i presunti prestanome c’è Filippo E., 36 anni, domicilio canturino, che la squadra mobile della polizia arrestò a suo tempo in tutt’altro domicilio, a Ramponio Verna, lo stesso giorno in cui fu fermato il tunisino (pare che Filippo E. fosse il suo braccio destro, il più attivo nell’attività di reclutamento di altri cittadini italiani). Gli altri imputati, coinvolti con ruoli sovrapponibili, sono in tutto 22: si sarebbero prestati a firmare i contratti dietro il pagamento di un corrispettivo non compiutamente quantificato, ma che all’epoca dei primi accertamenti si stimava nell’ordine dei 200 euro a “pratica”. Molti di quei prestanome erano e sono in realtà soggetti senza reddito o quantomeno in stato di necessità, che volentieri prestarono i propri servigi al presunto capo dell’organizzazione e ai suoi clienti. L’indagine, a suo tempo condotta dalla squadra mobile della questura, è stata coordinata dal pm Massimo Astori. Appuntamento in aula venerdì.

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