Il timore dei comaschi in Brasile dopo l’assalto al Parlamento dei sostenitori di Bolsonaro: «Qui c’è fortissima tensione»

Le testimonianze I lariani nel Paese e i brasiliani che vivono a Como: «Situazione non inattesa. Sta tornando l'ordine, ma si teme non sia finita»

C’è apprensione anche a Como dopo i fatti degli ultimi giorni nelle sedi del potere brasiliane, culmine di una tensione perdurante e piuttosto diffusa anche fuori dalle grandi città.

«L’episodio di domenica non era imprevedibile, è stato l’apice di quello che si è visto negli ultimi tre mesi», racconta don Andrea Marelli, 29 anni, canturino, missionario che da ottobre vive a Bellorizzonte, nel sud-est del Paese.

«Sono arrivato qui sotto elezioni e il voto era molto sentito. La popolazione è coinvolta e polarizzata, i bolsonariani non hanno accettato il passaggio di poteri. Da novembre c’erano presidi organizzati di bolsonariani davanti a tutti i quartieri militari delle città, anche di quelle minori, che si sono insediati con tende e manifesti. Chiedevano l’intervento dell’esercito per prendere il potere».

Questi presidi tutto sommato erano pacifici, per quanto ha potuto vedere il sacerdote nella località dove risiede. Dopo le scene impressionanti dell’assalto al Congresso, alla corte suprema e alla sede del governo, tra la popolazione «c’è paura ma anche indignazione, vergogna e rabbia».

L’emergenza

In questo momento la situazione di emergenza sembra lentamente rientrare: «I presidi sono stati smantellati e sta tornando l’ordine. Non c’è un clima di guerra ma sicuramente molto teso».

È ripartito ieri mattina da Como con destinazione Acre, in Amazzonia, padre Luigi Ceppi, 73 anni, originario di Lentate e fatto prete a Como, anche lui missionario e in Brasile dal 1979. «Non ho paura - afferma - Sono nate ulteriori sfide ma c’è anche la speranza di convivere con questa nuova realtà. Abbiamo dalla nostra parte il governo centrale. Vivremo cercando di usare la ragione e l’apertura mentale, invece dei militari e della chiusura al dialogo».

Ha rimandato il volo invece Giorgio Galli, segretario della Fondazione Carlo Novarese che in Brasile promuove progetti di assistenza, educazione, formazione delle persone più povere. Hanno due centri a San Paolo e uno a Rio Branco.

«Dovevo partire tra una decina di giorni ma ho dovuto rimandare, adesso è troppo pericoloso», spiega. Galli segue direttamente i progetti della fondazione, andando tra la gente delle favelas più volte l’anno e rapportandosi con le istituzioni.

«In questo momento la gente ha paura. Due giorni fa ho sentito una signora da Rio Branco che doveva portare la sorella malata di cancro e inferma all’ospedale, che dista quasi sei ore di pullman. Hanno rinunciato perché i manifestanti stavano assaltando anche gli autobus».

Per quanto ha potuto vedere, la situazione dei più poveri negli ultimi anni è sensibilmente peggiorata, fino a situazioni estreme che alimentano divisioni e tensioni: «Lavoro in Brasile dagli anni Novanta e non ho mai visto tanta miseria come negli ultimi tre anni. A San Paolo si sono moltiplicati i ragazzi che vivono per strada e la povertà è diventata vera e propria miseria. Fuori dai nostri centri si forma una fila di persone che aspettano un pezzo di pane, ho visto con i miei occhi due bambini morire di fame e persone che si sfamavano con cibo trovato per strada e coperto di muffa».

Marcelo Da Silva è un brasiliano che vive in Italia da 18 anni ed è socio del ristorante Churaschino a Mariano Comense. «Ho una chat con amici e familiari che mandavano delle foto. Da almeno un mese c’erano manifestazioni in tutto il Brasile, Lula ha vinto le elezioni di pochissimo, c’è tensione, e l’unica certezza adesso è che il Paese è diviso in due. Io sono andato apposta al consolato per votare, credo fossero giuste le manifestazioni pacifiche ma non si può tollerare l’invasione del Parlamento. Nessuna delle due parti è disposta a cedere e ho paura che non sia finita qui».

Proteste orchestrate

Vicinissimo al Brasile anche Rossano Breda, direttore della Caritas diocesana di Como: «Ho ricevuto diverse testimonianze in questi giorni - spiega - Penso che le proteste siano orchestrate e spero nel potere federale per la tutela dei diritti costituzionali. Oggi in Brasile chi è impegnato nella difesa dei diritti umani e dell’ambiente rischia grosso».

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