Mani della mafia su disco e locali
Chieste condanne fino a 20 anni

Udienza preliminare del processo dopo i 18 arresti di giugno tra Cantù e Mariano. I magistrati: «La ’ndrangheta controlla il territorio anche attraverso la security e i buttafuori»

«La ’ndrangheta controlla il territorio anche attraverso la gestione della sicurezza nelle discoteche». Sara Ombra e Cecilia Vassena, magistrate della Procura antimafia di Milano, non fanno sconti agli imputati coinvolti nella maxi inchiesta che nel giugno scorso ha portato i carabinieri ad arrestare decine di persone con l’accusa - anche - di associazione mafiosa. E nel corso dell’udienza preliminare a carico di 18 imputati, che hanno scelto tutti il rito abbreviato, presentano un conto salatissimo con condanne fino a vent’anni di carcere (che tenendo conto dello sconto di un terzo per il rito, sarebbero arrivate a trent’anni in dibattimento).

Le pene più pesanti sono state sollecitate per Umberto e Rocco Cristello, il primo residente a Seregno, il secondo a Cabiate, entrambi con interessi tra la Brianza monzese e quella marianese. Sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga, detenzione e porto d’armi. Vent’anni di carcere sono stati chiesti anche per Luca Vacca, 37 anni residente a Mariano Comense, considerato una figura emergente della malavita in salsa brianzola, finito in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione, violenza privata, detenzione d’armi.

Richiesta severa anche per lo storico buttafuori dello Spazio Renoir di Cantù, Daniele Scolari, comasco di 32 anni, bollato dall’accusa come una «imprenditore della ’ndrangheta». Le accuse per lui sono di estorsione aggravata dal metodo mafioso, lesioni gravi e violenza privata e pure di associazione mafiosa, anche se il giudice che lo arrestò negò al custodia per quel reato ritenendolo non provato.

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