Per bar e ristoranti
ok al cibo da asporto
Lo farà uno su due

Como, decine di richieste di chiarimento ai centralini di Confcommercio in vista del 4 maggio Ma in città non tutti i locali proporranno il “take away”

Como

«Vorrei aprire con l’asporto, come posso fare?». I telefoni di Confcommercio Como sono roventi in queste ore per via di baristi e ristoratori. Che dal 4 maggio potranno svolgere almeno questo servizio, oltre alla consegna a domicilio: chi partirà però, lo farà soprattutto per mandare un segnale di vita. Costi quel che costi. E difatti dai primi sondaggi non si arriverà nemmeno alla metà di aperture a Como.

Cosa dicono le proiezioni

I pubblici esercizi possono accogliere i clienti dal primo giugno, ma da lunedì appunto è possibile introdurre l’asporto: il cliente dunque può passare a ritirare il suo pranzo o la colazione, non può però fermarsi all’interno del locale a consumare. Questo si affianca alla consegna a domicilio, che diversi ristoranti hanno via via introdotto. Non certo per fare affari, spesso neanche lontanamente per pagare le spese. Le prime proiezioni indicano come a Como difficilmente si raggiungerà la metà dei locali aperti con questa limitazione. Per quanto riguarda i bar, poi, più del 20% ancora più arduo.

«Siamo però sommersi dalle telefonate – conferma Carlo Tafuni, funzionario di Confcommercio Como – chiamano per avere informazioni su come comportarsi, vogliono capire. E noi stiamo raccomandando tanto di seguire alla lettera le indicazioni dell’asporto. La ratio è sempre evitare l’assembramento».

Solo la settimana prossima si potranno contare gli esercizi pubblici che in effetti passeranno dal sondaggio all’azione. Ma intanto questo boom di chiamate testimonia come la voglia e il bisogno di tornare a lavorare siano elevatissimi. Il guadagno è minimo rispetto a quello che si riscontrerebbe in tempi di normalità. Lo sanno bene i ristoratori che hanno già azionato nelle scorse settimane la consegna a domicilio. C’è chi ha registrato il 20% degli incassi sul totale a cui era abituato, qualcuno confessa appena il 6%. E dietro questo servizio, c’è tantissimo sforzo da parte degli imprenditori. Tra chi è deciso a ripartire nel segno dell’asporto, c’è il Birrificio. Lo spiega Beppe Scotti che guida con il fratello Antonio il gruppo Ethos (con ulteriori locali anche a Como e Lecco e 200 dipendenti), senza nascondere la durezza della realtà: «Stringiamoci a corte e andiamo a combattere. Da lunedì faremo l’asporto a pranzo e cena. Lo faremo anche negli altri punti dove ci sono uffici aperti con i dipendenti che dunque potrebbero aver bisogno. Saremo operativi, anche con la piattaforma di delivery. Perdiamo soldi, ma non possiamo rimanere fermi. Lo facciamo anche e soprattutto per i dipendenti».

Il “no” dei bar

Proprio questi ultimi sono il pensiero che ha spinto Christian Longa a puntare sulla consegna a domicilio nelle scorse settimane, mentre valuterà la questione asporto. «Sì, ho lavorato per loro – spiega il titolare de “Le Soste al Mare” – non hanno ricevuto neanche un soldo. E per aiutare con i pasti agevolati diverse realtà».

L’idea di ripartire, però, sprona diversi ristoranti anche fuori Como. Come nel caso della Trattoria Edda di Inverigo, spiega Fabio Fossati: «Proviamo a dire che siamo ancora vivi. Abbiamo deciso più per fare un favore ai clienti, che continuano a farci richieste. Allora consegna a domicilio, per l’asporto invece vedremo». Ma sui bar c’è più freddezza in proposito. Pochi scenderanno in campo, tanti stanno aderendo alla raccolta firme di Fipe per riaprire il 18 maggio.

Davide De Ascentis del bar “Il Krudo” analizza: «Non potremmo abbassare i prezzi – sottolinea – e i costi sarebbero tutti a nostro carico. Allora abbiamo deciso di stare a casa e saltare anche questa fase due. Del resto, il gusto di bere un Negroni è farlo non tra le quattro mura, ma con gli altri al bancone o al tavolino. Perdiamo la nostra anima». (Marilena Lualdi)

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