Traffico di armi e droga all’ombra dei clan, blitz nel Comasco

Criminalità Arrestato a Mariano Comense il figlio di un boss della ’ndrangheta

Ha toccato anche la Brianza del Marianese la maxi operazione su un giro internazionale di narcotraffico e di armi condotta questa mattina dai Carabinieri di Monza, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano.

Tra le persone finite in carcere c’è anche Carmelo Pio, 47 anni, nome molto noto alle cronache in quanto coinvolto negli scorsi anni in una serie di indagini e processi sempre per traffico di droga e di armi. Carmelo Pio è il figlio di Domenico Pio, ritenuto capo della locale di Desio della ’ndrangheta, condannato a 16 anni nell’ambito del processo Infinito.

Il nome di Carmelo Pio era stato poi legato a una foto sequestrata dagli inquirenti, negli anni passati, dal telefono cellulare del fratello. Una fotoche (così scriveva il giudice delle indagini preliminari che si occupò di quell’inchiesta) «scattata ad una torta in occasione del compleanno» di Carmelo Pio, che «compiva 40 anni».

Tornando all’indagine, i Carabinieri hanno preso di mila un’associazione per delinquere finalizzata al traffico nazionale ed internazionale di sostanze stupefacenti e armi, riciclaggio e autoriciclaggio. Agli indagati sono stati contestati 221 capi d’imputazione e il gip di Milano ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per 30 persone (26 italiani e quattro marocchini).

L’esecuzione degli arresti è in corso nelle province di Monza Brianza, Milano, Como, Pavia, Reggio Calabria, Catanzaro, Messina, Palermo, Trieste e Udine da parte dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Monza Brianza e dei comandi dell’Arma territorialmente competenti. Lo stupefacente proveniva dal Sud America (prevalentemente dall’Ecuador) e dalla Spagna ed approdava in container nel porto calabrese di Gioia Tauro per arrivare in buona parte a Milano.

Parallelamente al traffico di droga, è emerso un traffico di armi da fuoco comuni e da guerra (mitragliette UZI, fucili da assalto AK47, Colt M16, pistole Glock e Beretta, bazooka e bombe a mano MK2 «ananas”) che gli indagati acquistavano da un fornitore monzese, condannato all’ergastolo per omicidio aggravato ed associazione mafiosa, ma che beneficiava di permessi premio.

Parte dei guadagni del traffico di droga erano reinvestiti in orologi di lusso in una nota gioielleria del centro di Milano, in beni immobili residenziali, attività commerciali, oltre che nell’acquisto di nuovi carichi di droga.

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